Procreazione Medicalmente Assistita: in Puglia c’è chi difende il diritto delle donne ad essere madri
“Come donna ho sempre avuto un pensiero verso chi vorrebbe diventare mamma ma non ci riesce. Donne forti e dolcissime, belle, determinate e scrupolose, che convivono con la tristezza, l’ansia degli anni che passano, un insensato senso di colpa. Ne ho conosciute tante. Donne che si trovano a dover affrontare grossi ostacoli e che in Puglia vivono una situazione ancora più complicata rispetto ad altre regioni italiane, perché l’offerta pubblica dei cicli di procreazione medicalmente assistita è fortemente ridotta e molto costosa”.
Antonella Laricchia, candidata presidente del M5S alla Regione Puglia, da anni mantiene alta l’attenzione e porta avanti una battaglia per facilitare l’accesso alla PMA per tutte le donne. La PMA, procreazione medicalmente assistita, oggi è totalmente a carico delle coppie. Tremila e cinquecento euro circa per un ciclo di secondo livello nelle 10 cliniche private accreditate della Puglia, 1200 nelle tre strutture pubbliche ma in questo caso, le liste di attesa, nemmeno a dirlo, sono lunghissime. Nel privato gira tutto al contrario: si investe sul personale, sulle tecnologie, sui laboratori e le sale aperte h24 anche per la Pma. Non c’è attesa ma il prezzo, naturalmente, è più alto.
“In Puglia le prestazioni di PMA sono a totale carico della coppia. Inoltre, a causa delle carenze del servizio sanitario regionale, le donne che vogliono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita devono spesso rivolgersi al privato, a volte anche fuori regione. Da un lato si nega a chi non ha le disponibilità economiche la possibilità di avere un figlio, dall’altro si alimenta la mobilità passiva, con un costo di quasi sei milioni di euro l’anno verso quelle regioni in cui la PMA non è una chimera”, spiega Antonella Laricchia, in prima linea per supportare le coppie che non riescono ad avere figli, come dimostrano i numerosi interventi a livello regionale per chiedere una maggiore sensibilizzazione sul tema delle adozioni e un impegno per tutte le famiglie che vogliano intraprendere questo percorso. Sono migliaia le donne che non riescono ad accedere alla procreazione medicalmente assistita in Puglia, e non è giusto che siano costrette ad andare al nord o a pagare una fortuna per un diritto sacrosanto come quello alla maternità.
“Come consigliera regionale seguo da anni la situazione in Puglia: una situazione complicata perchè le prestazioni di PMA sono inserite nei LEA, ma manca la definizione di una tariffa unica a livello nazionale e le Regioni fanno quello che possono e vogliono. In Puglia c’è una tariffa molto alta e si finisce a fare i conti con il privato o con la necessità di andare fuori regione rinunciando a rimborsi. Per questo serve la definizione della tariffa unica, un potenziamento dei centri pubblici esistenti e battersi per eliminare alcuni tecnicismi burocratici che rallentano le procedure. Grazie alla collaborazione con il Governo e all’interessamento del viceministro alla Salute Sileri, la definizione della tariffa unica potrebbe arrivare in autunno. Un impegno importante per dare tempi certi alle coppie. Ma anche la Regione deve fare sua parte potenziando i servizi pubblici, risolvendo i problemi burocratici, sostenendo la comunicazione istituzionale per presentare i servizi offerti dalla sanità pubblica, agendo sulla prevenzione delle possibili cause di infertilità e attivando la rete della PMA. Come candidata presidente della Regione Puglia il mio impegno per queste coppie sarà massimo affinchè possano trovare in Puglia quello a cui hanno diritto. La politica ha il dovere di rimediare ad anni di immobilismo e io per prima farò il possibile nella nostra regione”.
È notizia di questi giorni la chiusura centro di PMA presente nell’ex ospedale “San Giuseppe Sambiasi” di Nardò ed il suo trasferimento presso l’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Ad oggi, però, a fronte della certezza della chiusura del Centro a Nardò, nulla è dato sapere circa il suo nuovo allestimento a Lecce. Una situazione che sta provocando serie preoccupazioni in tutte quelle coppie che sono già da diverso tempo in cura presso il Centro di Nardò e vedono profilarsi all’orizzonte una ingiustificata interruzione delle proprie terapie.
“Sospendere, oggi, senza una concreta ragione le cure a cui si stanno sottoponendo diverse pazienti causerebbe alle famiglie, non solo la perdita di tutti i risultati raggiunti nel corso della terapia, ma anche, visto il costo delle cure, un ingente danno economico. Chiudere oggi il Centro di Nardò perfettamente funzionante ed efficiente e prevedere un suo trasferimento a Lecce senza stabilirne tempi certi e senza garantire la continuità assistenziale a chi è in cura, non è solo una violazione del diritto alla salute, ma anche una deliberata lesione all’integrità fisica e morale dei pazienti, già estremamente provati. La Regione deve potenziare i servizi pubblici, risolvendo i problemi burocratici, sostenendo la comunicazione istituzionale per presentare i servizi offerti dalla sanità pubblica, agendo sulla prevenzione delle possibili cause di infertilità e attivando la rete della PMA. Esattamente il contrario di quello che sta facendo ora”.