Perché aderire all’appello all’unitarietà lanciato da tempo dagli Stati generali delle donne
“Nessuna lotta può concludersi vittoriosamente se le donne non vi partecipano a fianco degli uomini. Al mondo ci sono due poteri: quello della spada e quello della penna. Ma in realtà ce n’è un terzo, più forte di entrambi, ed è quello delle donne.” Malala Yousafzai
Quando il gioco si fa duro dobbiamo combattere.
Come su un ring di pugilato, uno sport fra i più antichi, che si svolge all’interno di uno spazio ristretto, per due contendenti che si colpiscono di volta in volta allo scopo di indebolire e atterrare l’avversario per un tempo determinato, o a volte indeterminato. Dove non si vince e non si perde subito. Dove gli incontri si organizzano a distanza, misurando le forze in campo e cessando quando uno dei due contendenti non è più in grado di combattere. Dove non si deve avere paura ma credere nella giustizia di una vittoria che sancisca ragioni e merito.
Nessun combattimento meglio di quello che si svolge sul ring è più simile a quello che le donne intraprendono ogni giorno contro tattiche escludenti.
Abituate a mantenere la giusta distanza per non ricevere colpi troppo duri sulle parti sensibili ed avere libero il campo visivo per continuare a guardare e pensare al futuro. Un passo avanti, uno indietro, a lato, al tappeto, alle corde e di nuovo in piedi e a terra.
Allenate si, ma il ring è davvero troppo stretto.
Nel convincimento che nella costruzione di un nuovo modello di mondo le donne rappresenteranno la vera forza di cambiamento e che il loro sostegno e la loro coesione saranno elementi fondamentali perché questo avvenga nell’interesse di tutti, le donne dovranno scendere dal ring per operare-combattere in spazi diversi.
Lanciare un appello generale per unirsi a con tutti i soggetti sensibili.
Un appello alle donne e agli uomini per il cambiamento, a cui ci ha introdotto questo millennio e a cui ci obbliga la straordinarietà di una lunga emergenza, che contempli la capacità di intravedere scenari futuri molto più complessi ed articolati, modificazioni strutturali cui inevitabilmente il mondo si appresta a subire, vivere, elaborare, lasciano intravedere una possibile, significativa, pericolosa ed ulteriore suddivisione di fasce di popolazione, povere-ricche, forti-deboli.
Includendo nelle ultime le donne, che potrebbero rappresentare ulteriormente il settore su cui scaricare le contraddizioni inevitabili tra il vecchio (nient’altro che la società come l’abbiamo conosciuta fino adesso), che ha bisogno sempre di esecutori sapienti ed il nuovo alla ricerca di genialità tecnica.
Il lungo percorso che dividerà ancora per un certo periodo di tempo la società nel passaggio tra due nuovi modelli di vita, pretende guide allenate ma senza ambizioni.
Tra la società dei servizi alla persona e le macchine volanti, non saranno sicuramente le donne a volare per prime.
Quale può essere la molla per scardinare questo ritmo andante-lento?
L’unione di tutte quelle combattenti sul ring della loro storia, che scese dalle corde si muovano dentro la platea inclemente dei loro osservatori, tra chi le vuole perdenti e chi punta sulla loro capacità di resistenza, forse libere, mai vincenti.
Scevre da tattiche imposte da chi dirige un combattimento, capaci di porre la propria forza al servizio di se stesse, delle loro simili e quindi nella società in cui vivono.
Non divise su ideologismi, schieramenti politici, difesa di ruolo, appartenenze di religione, di razza, di età.
Passando dall’affermazione alla realizzazione di diritti e di futuro, unendo le forze su temi importanti e raggiungibili, le donne possono ritrovare forza, unione ed orgoglio di appartenenza.
Per questo è necessario ripensare in modo diverso il ring, trovare diverse metodologie di combattimento e modi diversi di rapportarsi con chi ha avuto finora il ruolo di arbitraggio.
Nel calcare questo ultimo ring, imposto con insolite modalità da un pericoloso virus, ancora una volta abbiamo combattuto ed abbiamo verificato le nostre potenzialità. Non è il combattimento a produrci meraviglia quanto constatare ancora una volta il misconoscimento della positività delle differenze.
Con questo spirito di alleanza, gli Stati generali delle donne, formulano un appello all’unitarietà che da sempre caratterizza il loro impegno e che si formalizzerà il prossimo 27 giugno, nella loro aula virtuale.
Virtuale nel modo ma concreto negli intenti potrebbe nascere in quella sede il primo passo verso un’alleanza che veda raggruppate le forze che in questo ultimo periodo hanno ripreso fiato, pronte per la fase due della ormai silenziosa “rivoluzione” femminile interrotta da tempo.
Molti sono stati gli incontri sul web, molti i manifesti d’intenti, ritrovate amicizie solidali, lettere alle istituzioni, richieste d’incontri , flash mob, ecc.
Un’operazione di unità che non vuole essere guidata da intestatarie uniche ma l’adesione ad un progetto comune.
Ognuna, ogni gruppo che in questo periodo ha chiesto o fatto sentire la voce, ha scritto, ha chattato, ha collaborato, nel rispetto della propria storia, delle proprie radici, dovrebbe aderire a un progetto sotto una bandiera comune.
Chi vince da solo ha già perso.
In base ad alcuni studi, la previsione è che perché le donne possano raggiungere la parità tanto agognata, dovranno trascorrere almeno 270 anni.
Forse questo è il momento di cercare di cambiare la tendenza statistica.
Forse è l’ultima occasione.
#statigeneralidelledonne on line: 27 giugno 2020. L’ora e il link saranno trasmessi quanto prima.