Ci sono donne che non hanno ancora imparato ad amare il loro corpo: una recente ricerca realizzata dall’Eurisko evidenzia che solo il 36% delle donne italiane si ritiene attraente per il proprio partner, mentre addirittura il 66% dichiara di non piacersi per niente.
Questa insicurezza dilagante si traduce in un’incapacità di vivere pienamente la propria corporeità, con pericolosi riverberi anche sul piacere e sul desiderio sessuali.
Calo del desiderio e immagine di sé: quanto sono correlati?
Il calo del desiderio sessuale non è certo una novità, forse ciò che è cambiato è l’attenzione alla sessualità che non viene più considerata soltanto nell’aspetto fisiologico, ma inserita in una dimensione più ampia della relazione primariamente con sé stessi e, poi, con il proprio compagno. Affrontare il tema della “compressione” del desiderio sessuale può voler dire avvicinarsi alla nostra fragilità, alla convinzione di non sentirci desiderate o desiderabili, al rapporto che ciascuna di noi ha con se stessa, alla fiducia in noi stesse, alla capacità di accettare il nostro corpo, al piacerci.
Sono molte le ricerche che sottolineano la stretta correlazione tra soddisfazione per il proprio corpo e l’immagine globalmente positiva di sé, in particolare con:
- autostima
- maggiore sicurezza
- minore ansia
- facilità nei rapporti interpersonali
- approccio soddisfatto alla sessualità
È la percezione del nostro corpo e del nostro essere ciò che conta nel rapporto con gli altri: chi non si stima non si apprezza, come può sperare che lo facciano gli altri? Se nella vita siamo costrette a mimetizzarci, se in una situazione di intimità l’attenzione è più focalizzata sull’estetica del nostro corpo piuttosto che sulle nostre sensazioni, l’inibizione che ne seguirà, ci impedirà di avere pieno accesso al piacere del momento.
Di desiderare e di essere desiderate.
La soluzione: imparare a scoprirci.
Ma che cosa ha che non va questo accidenti di corpo? Che mai, mai in nessun caso ci piace e ci soddisfa (a tutte, indiscriminatamente, dalla pienotta sempre a dieta alla supermodella filiforme)?
Sfortunatamente oggi siamo costrette a confrontarci con l’immagine idealizzata della perfezione estetica del corpo proposta dai mezzi di comunicazione, con il rischio di sentirci più frustrate e deluse che stimolate a migliorarci. Nel guardare il nostro corpo nudo, molte di noi cadono preda dell’ansia poiché sono abituate a giudicarlo e a confrontarlo con ideali spesso irraggiungibili.
È indubbio che qualche cosa del nostro aspetto potrà sempre essere migliorato. Basteranno piccoli accorgimenti: sane abitudini alimentari, il rispetto del ritmo biologico circadiano (andare a letto più o meno sempre alla stessa ora e così alzarsi al mattino), una moderata ma costante attività fisica.
Fondamentale sarà però non scadere nella superficiale, quanto pericolosa, nevrosi della “cura del corpo perfetto”, inteso come prototipo di bellezza ma irrimediabilmente statico, freddo, un corpo che non sembra portare con sé passioni, sentimenti, ricordi, esperienze, un corpo fuori dal tempo, perennemente uguale a se stesso.
Ricordiamoci sempre che il desiderio sessuale è meno collegato di quanto si pensi all’essere attraenti esteticamente (non è automatico che cercare di diventare più belli o attraenti determini un aumento del desiderio del partner).
La vivacità sessuale va alimentata innanzitutto dentro di noi.
E per farlo è indispensabile, già fin da piccole, imparare a guardarci, a conoscerci, ad avere confidenza con la nostra fisicità. Percepirci, toccarci, riconoscere la nostra corporeità e la nostra pelle, capire quale sia la geografia delle nostre zone sensibili e quali sono i gesti e le situazioni che risvegliano il nostro desiderio e ci portano al piacere, è assolutamente indispensabile per una vita sessuale ricca e appagante.
Perché, in fondo, ciò che tutte noi veramente desiderano per una vita sessuale soddisfacente non è lo “scaricare”, durante l’atto sessuale, una pulsione o un desiderio ma l’incontro, lo scambio con l’altra persona perché solo desiderando l’altro e sentendosi al contempo oggetto del desiderio dell’altro, possiamo scoprire ed esplorare noi stesse come persona e indossare con eleganza il nostro corpo sessuato.
Oggi sempre più spesso le persone, solo in apparenza, sembrano essere molto attente a se stesse e ai bisogni del loro corpo, ma il più delle volte è un interesse superficiale che coinvolge solo l’aspetto più esteriore: non appena si tratta di entrare in confidenza con il proprio corpo in maniera più approfondita, innalzano barriere psicologiche davvero difficili da abbattere. Perciò l’impegno più forte dovrà riguardare il nostro “profondo” e avere come asse di riferimento la conoscenza di noi stesse e la nostra autostima.
A volte, in questo percorso, si rivelerà utile rivolgersi ad un sessuologo o ad uno psicoterapeuta, che potranno condurci ad intraprendere un lavoro su noi stesse. Chi vuole migliorare il proprio sé deve sapersi porre davanti ad uno specchio con fiducia e senso critico: un sé forte è quello di chi si percepisce positivamente e quindi, serenamente, cerca la relazione con l’altro. Ma non sempre ci riesce facile senza un po’ d’aiuto…
Calo desiderio, via libera Fda a farmaco che agisce su recettori cervello
Bremelanotide nel disturbo da desiderio ipoattivo: perplessità su efficacia e sicurezza
L’ente statunitense per il controllo dei farmaci, Fda, ha dato il via libera a Vyleesi, che agisce contro il calo del desiderio nelle donne premenopausa. Il trattamento, spiega il comunicato della casa produttrice, la Palatin technologies, è destinato alle pazienti con un basso desiderio sessuale e un conseguente stress che non sono attribuibili ad altre condizioni mediche opsicologiche. Il farmaco, il cui principio attivo è il bremelanotide, agisce su alcuni recettori cerebrali coinvolti nel desiderio sessuale, e viene assunto con una autoiniezione nell’addome almeno 45 minuti prima dell’attività sessuale, con l’Fda che ne sconsiglia l’uso per più di otto volte al mese. Nei test clinici il 25% delle donne che l’hanno usato hanno riportato un aumento di almeno 1,2 punti su una scala da uno a 6 della libido, che si è avuto invece nel 17% di quelle che hanno avuto un placebo. Questo è il secondo trattamento approvato dall’Fda per il problema, con il primo, chiamato Addyi, che deve invece essere preso tutti i giorni e non può essere assunto insieme all’alcol. “Approssimativamente 6 milioni di donne soddisfano i criteri per il disordine ipoattivo del desiderio sessuale – si legge nella nota -. La sensibilizzazione delle pazienti e la comprensione del problema rimangono basse, e poche donne cercano o ricevono un trattamento”.