“Non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete restare vigili durante tutto il corso della vostra vita”. Simone de Beauvoir (1908-1986)
Il monito di Simone De Beauvoir, non smette mai di essere attuale e dopo quest’anno di crisi pandemica e in prospettiva per i prossimi che ci aspettano, è più che mai centrale nelle nostre riflessioni.
Gli anni 2000 ci hanno visto attraversare due grandi crisi: quella del 2008, economico-finanziaria e quella di quest’anno, sanitaria dovuta alla pandemia, ho usato di proposito il verbo attraversare, perché non siamo ancora usciti dalla prima mentre siamo nel pieno di quest’ultima.
Le grandi crisi vedono sempre protagoniste le donne, sia nel bene sia nel male; facendo solo qualche esempio delle conseguenze di questo anno orribile, basti pensare che l’Ispettorato del lavoro ha certificato che nel 2019 sono state oltre 37 mila le neo-mamme lavoratrici che hanno presentato le dimissioni (la motivazione più frequente è quella della difficoltà a conciliare gli impegni lavorativi con l’accudimento dei figli più piccoli), per non parlare del fatto che con l’emergenza Coronavirus si sono incrementati i casi di violenza domestica, tanto da preoccupare sia l’OMS sia il segretario Generale dell’ONU, Guterres, che si è appellato ai governi perché intervengano a contrastare questo fenomeno drammatico.
Le donne sono le prime a essere travolte dalla crisi, dicevo, ma anche le prime a suggerire la strada per uscirne fuori. Non che le donne che lottano per i diritti si siano mai arrestate, ma nei momenti di crisi sono costrette ad alzare la voce per non farsi dimenticare e cercare di suggerire nuove percorsi al mondo che si ferma spaventato e smarrito. Siamo quindi in una nuova fase di attivismo femminile nella società civile e lasciatemi dire anche dentro i palazzi.
Appare chiaro, che questo modello di mondo sta sprofondando e lo stile di vita vissuto in questi ultimi 30-40 anni è finito e che bisogna dare una sterzata a 360°, prima che sia troppo tardi? Credo proprio di sì.
Tante sarebbero le considerazioni da fare, la prima che mi viene in mente, avendo avuto modo di lavorarci da vicino nel mio modesto ruolo di collaboratrice parlamentare di una politica, è quella messa in luce dal piano stilato dalla Commissione Colao, quella della necessità di trasformare la nostra società, in una società della ‘cura’.
Trasformare la nostra società in una società della ‘cura’, vuol dire investire in infrastrutture sociali (asili nido, nuove forme di cohousing per gli anziani e strutture sanitarie di prossimità), che si sono dimostrate inesistenti in questa crisi sanitaria.
Abbiamo avuto modo, purtroppo, di vedere l’impatto devastante che ha avuto sul nostro sistema sanitario nazionale la pandemia (e non solo in Italia). Quando gli ospedali, le strutture territoriali, stavano diventando ‘aziende’, avremmo dovuto capire che avevamo imboccato una strada sbagliata, ma questo è un altro discorso.
Investire nelle infrastrutture sociali, avrebbe un doppio risultato: liberare il tempo delle donne e creare occupazione.
Obiettivi questi su cui tutte ci siamo confrontate in quest’anno, a partire appunto, dal documento chiamato “Piano Colao”, presentato agli Stati Generali del Presidente del Consiglio nella primavera scorsa. Il gruppo di donne che ha contribuito a stenderlo, tra le quali la direttora ISTAT Linda Laura Sabbadini, che è stata anche audita insieme ad alcune altre dalla Commissione XIV per gli Affari europei alla Camera, ha messo perfettamente in luce, l’importanza di un tale investimento arrivando a stimare di quali cifre si dovrebbe parlare per dotare l’Italia di asili nido adeguati agli standard europei (è uno dei gap che l’Europa ci ha chiesto di colmare).
E’ stato calcolato che investire in asili nido porterebbe a un aumento di 13 punti percentuali del tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che non solo produrrebbe un incremento di PIL notevole, quindi crescita economica, ma soprattutto metterebbe i servizi per l’infanzia al centro della crescita dei nostri bambini, che è stato dimostrato, beneficerebbero di un maggiore livello cognitivo e di socializzazione futura, frequentando il nido e porterebbe enorme giovamento agli strati sociali più disagiati.
Progettare un nuovo Paese, a questo dovrebbero servire i fondi del Next Generation UE che ci arriveranno dall’Europa e su cui tutti stiamo discutendo.
Siamo pronti ad affrontare questa grande sfida? Un punto che non sfugge a nessuna di noi, ma che non fa mai male sottolineare, è che non è per niente facile per noi donne. Tutti i gruppi di lavoro, le task force, i gruppi parlamentari, le donne di governo, hanno grandi difficoltà a far passare l’evidenza: la centralità della parità di genere come obiettivo primario e trasversale a tutti gli altri, è fondamentale.
I due grandi pilastri indicati dall’Europa «digitalizzazione e innovazione» e «rivoluzione verde» nel “Next generation EU”, sono azzoppati senza il terzo, che è la parità di genere (nel Gender Equality Index 2020 stilato dall’EIGE, possiamo constatare a che punto siamo in Italia di questo lunghissimo cammino).
Quanto è costato d’impegno e sforzi persuasivi aggiungere al titolo del capitoletto delle linee guida del Governo: “Equità sociale e territoriale”, la parola “genere”?
Chiedetelo alle donne della task force Colao e alle politiche che si sono battute per farla apparire magicamente nei documenti che racchiudevano le indicazioni al Governo per stilare le linee per il nostro Recovery Plan.
Siamo ancora un capitoletto in una delle missioni del Recovery Plan? Ancora non siamo riuscite a far capire che le donne non sono una ‘categoria protetta’, ma la metà della popolazione? Non siamo una categoria da sostenere, i due pilastri fissati dall’Europa per avere i soldi del Next generation EU, ci devono vedere protagoniste, sia per quanto riguarda la rivoluzione ecologica che quella digitale.
Obiettivi su cui si sono e si stanno battendo le donne, passo dopo passo, nel Palazzo e fuori e che non sono ancora raggiunti (cito l’intergruppo parlamentare con le continue sollecitazioni al Presidente del Consiglio di far entrare più donne nei luoghi decisionali, cosa che è avvenuta nella task force Colao, ma che dovrà avvenire anche nella stesura dei progetti che presenteremo all’Europa).
La luce infondo al tunnel? E’ proprio questa: il protagonismo femminile in tutti i campi, mai come durante questa pandemia, ci si è parlate, anche se a distanza, confrontate, tra associazioni, ministre, donne e anche qualche uomo della politica, per pensare a come ricostruire questo nostro paese così in difficoltà.
Stiamo affrontando questa sfida a livello mondiale e mai come questa volta, abbiamo visto farsi avanti donne da tutto il mondo, scienziate (che sembravano non esistere), ambientaliste, politiche, economiste, sociologhe, tutte unite a cercare soluzioni per un’economia e una vita più sostenibile.
Abbiamo visto donne rompere il famoso ‘tetto di cristallo’, abbiamo una Vice Presidente donna negli USA, e tanti altri esempi si potrebbero fare anche di nostre connazionali illustri.
Ecco questo mi sembra di buon auspicio, per il prossimo anno, dobbiamo ‘solo’ cercare di continuare a camminare unite e qualcosa ancora per la Next Generation potremo fare.