Il covid sta rendendo la povertà di molti italiani una vera e propria emergenza, tutti abbiamo assistito alle lunghe code di persone davanti all’associazione Pane quotidiano di Milano e se accade a Milano, una città ricca di opportunità e di lavoro, figuriamoci altrove.
La pandemia ha scoperchiato un contenitore di disuguaglianza sociale che la vernice dorata della Milano delle feste, degli happy hour quotidiani, della fashion week e di chi più ne ha più ne metta, ha da tempo mascherato. Ora non è più possibile e mentre i politici discutono su come destinare i fondi dell’Europa, qui nel mondo reale si cominciano a saltare i pasti. La gestione ballerina della scuola sta poi acuendo il disagio: quanti ragazzi, anche qui nell’Eldorado della Lombardia, non hanno possibilità di connettersi per seguire le lezioni a distanza? Molti. Ne seguirà, e a quanto si dice già si vedono i segnali, un crescente abbandono scolastico che si tradurrà in sbandamento e minor opportunità di lavoro adeguato per i giovani. Mi sto chiedendo da qualche giorno: “Se fossimo nel ’68, i ragazzi starebbero zitti?”. Qualche manifestazione l’abbiamo vista, anche i Presidi non ce la fanno più e i genitori sono preoccupati per i loro figli. Me li immagino i giovani del ’68: proteste ad oltranza e occupazione di scuole e luoghi strategici, certamente me li immagino pacifici, le proteste devono essere sempre nonviolente.
Nell’ottobre del 1968 sono andata in prima elementare, un ricordo bellissimo, ancora mi emoziona pensare alla prima maestra, a quelle che si sono succedute e a tutti i compagni di classe: i bambini di oggi quali ricordi avranno? E pensare che in questi giorni gli esperti concordano nel dire che la scuola è un posto sicuro, certo dovrebbe esserlo anche se la storia recente ci dice che purtroppo hanno investito poco denaro negli edifici che dovrebbero essere un luogo idilliaco dove apprendere ed educarsi alla vita. Il covid non si trasmette a scuola, ci ripetono, le aule sono state sanificate e rese idonee, mentre il problema sarebbe il trasporto pubblico che si potrebbe potenziare e si poteva fare al posto dell’acquisto discutibile dei banchi a rotelle… Mi sento presa in gira come cittadina e la mia intelligenza si sente insultata.
Mentre nelle giornate di “giallo rinforzato”, e qui ci sarebbe molto da dire perché il giallo è giallo come il semaforo rosso vuol dire alt e non ci sono due diversi significati di rosso, il giallo dovrebbe sempre comunicare la stessa cosa che il governo ha stabilito; nelle giornate gialle, dicevo, un grande bar a due passi da casa mia si riempie di giovani per l’aperitivo, tutti bravi ragazzi che sostano rigorosamente all’aperto e appaiono intirizziti dal freddo. Mi fa piacere per i baristi che grazie ai numerosi clienti riescono a non fallire, cosa non da poco, ma non posso non vedere due senza tetto che dall’altra parte della piazza dormono alla addiaccio in pieno inverno. Ogni sera quando mi sdraio nel mio comodo letto penso a quei due poveri esseri umani, la punta di un iceberg, e poi la mente corre alla mollezza di tanti giovani…