Nel 1964 individuò una nuova classe di virus che mostravano di avere un “alone simile a una corona”: era il primo incontro con i coronavirus.
Grazie a una pionieristica tecnica di microscopia, June Hart in Almeida fu la prima ricercatrice a intuire la differenza tra i coronavirus e i virus dell’influenza.
Una storia la sua davvero affascinante e un’impresa notevole, se si pensa che June non portò mai a termine la sua formazione scolastica.
Nata il 5 ottobre 1930 a Glasgow, figlia di un conducente di autobus, fu costretta ad abbandonare gli studi a 16 anni, ottenendo un lavoro come tecnica di laboratorio all’Istituto di istopatologia del Glasgow Royal Infirmary.
È così che cominciò la sua carriera di ricercatrice, un lavoro che si concretizzò poi con il trasferimento all’Ontario Cancer Institute di Toronto dove mise a punto quella che sarebbe diventata la sua più importante eredità scientifica.
Inventò infatti l’immunoelettromicroscopia (IEM), una tecnica che consentiva una migliore osservazione dei virus, grazie all’utilizzo di anticorpi specifici capaci di legarvisi.
Questo metodo pionieristico le permise, nonostante la formazione accademica da autodidatta, di firmare alcune importanti pubblicazioni scientifiche sulle strutture virali che attirarono l’attenzione di Anthony P. Waterson, a capo del dipartimento di microbiologia della Scuola di Medicina del St Thomas’s Hospital di Londra.
Era una tecnica semplice, ma rivoluzionaria nel campo della virologia: attraverso il microscopio elettronico si vedeva un’immagine molto dettagliata che mostrava una piccola macchia e, per scoprire di cosa si trattasse, utilizzò gli anticorpi prelevati da persone precedentemente infettate.
La tecnica di imaging si rivelò essenziale in molti campi. Consentì di osservare per la prima volta il virus della rosolia e di compiere importanti passi in avanti nella comprensione delle strutture virali.
June concluse la sua carriera di virologa nel 1985 al Wellcome Institute di Londra, per poi ritirarsi e diventare insegnante di yoga.
Prima della sua morte nel 2007 all’età di 77 anni, tornò al St. Thomas Hospital di Londra come consulente e contribuì alla pubblicazione di alcune delle prime immagini ad alta risoluzione dell’HIV, il virus che causa l’AIDS.
Come spesso accade, anche June Hart Almeida venne presto dimenticata, ma ora il suo lavoro è rilevante più che mai, dato che i ricercatori si avvalgono proprio delle sue tecniche per identificare i virus in modo rapido e accurato.
Per approfondire: Sara Sesti, Liliana Moro “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, Ledizioni, Milano 2020.