L’immortalità in Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg per opera di Jean-Luc Godard
di Adriana Moltedo
Grazie alla Cineteca di Bologna che per omaggiare Jean-Paul Belmondo, scomparso lo scorso 6 settembre , ha portato nelle sale italiane il restauro del film d’esordio di Jean-Luc Godard, À bout de souffle – Fino all‘ultimo respiro, che abbiamo potuto rivedere a distanza di 61 anni dalla sua uscita, un film che ancora oggi ci lascia “senza fiato”.
A distanza di 61 anni dall’uscita del film, Jean-Paul Belmondo/Michel che interpreta il ladro mascalzone e farabutto, ci incanta come allora con il passaggio sexi del dito pollice sulle carnose labbra superiori da dove esce il fumo della sigaretta, che ripeterà spesso specie nei momenti di difficoltà, per farsi perdonare, dicendo a se stesso guardandosi allo specchio, d’ essere brutto ma anche un grande pugile.
Tutto per farsi amare.
E chi non ci casca?!
Guardandoci dallo schermo con sguardo assassino, pur tuttavia rompendo il rapporto di identificazione dello spettatore nel personaggio, Jean-Paul Belmondo ci seduce.
Come non amarlo per sempre! Quando alla guida della sua auto le cui inquadrature effettuate dal sedile posteriore dell’auto (da Coutard, direttore della fotografia), e quindi realizzate con luce naturale, neutra, per consentire una resa più autentica dell’immagine filmica, e lui con fare quasi ingenuo ci guarda mentre percorre gli Champs-Élysées, e ci dice con il suo tono farabutto da Michel/Jean-Paul Belmondo: “Se non vi piace il mare, se non vi piace la montagna, se non vi piace la città…andate a quel paese!
Come non amarlo per sempre!
Eppure Jean Seberg/Patricia lo tradirà, pur amandolo riamata alla follia lo ucciderà per essere una donna libera, con un finale in cui guardandolo morire sull’asfalto si passerà il dito pollice con lo stesso movimento sexi che usava fare lui, ma sul labbro inferiore.
“Non so se sono infelice perché non sono libera o se non sono libera perché sono infelice.” Lo aveva avvisato.
A distanza di 61 anni dal film, Jean Seberg/Patricia allora 22 anni, divenuta con questo film icona della Nouvelle Vague, ci guarda negli occhi dallo schermo con i suoi occhi liquidi e domanda : “Fra il dolore e il nulla io scelgo il dolore.” E tu, cosa sceglieresti? Le risponde per noi Jean-Pierre Melville che interpreta la parte dello scrittore Parvulesco: Il dolore è idiota, io scelgo il nulla. Non è meglio, ma il dolore è un compromesso. O tutto o niente…
A distanza di 61 anni dal film, è attuale Jean Seberg/Patricia la ragazza che va senza reggiseno, perché le donne lo butteranno per protesta, con stupore di Jean-Paul Belmondo/Michel che le chiede: Perché non porti il reggiseno???????
A distanza di 61 anni dal film, è ben assestato uno schiaffo in piena faccia al “mascalzone” da Jean Seberg/Patricia perché lui le palpa il culo e infatti subito si scusa sapendo bene che con una donna libera così non va, dicendole che le voleva solo ammirare le sue belle gambe!!!! Bugiardo!!! le dirà lei, pur continuando ad amarlo alla follia.
Nella vita reale Jean Seberg dopo aver lavorato con i più grandi registi a livello internazionale, morì a soli 40 anni suicida forse per aver scelto il dolore, afflitta da una profonda depressione.
À bout de souffle, vuol dire alla lettera “senza fiato”.
E dopo 61 anni guardandolo, continuiamo a rimanere “senza fiato”
Opera prima di Jean-Luc Godard, 91 anni, che appare nei panni di uno spione, il film fu girato dal 17 agosto al 15 settembre 1959 a Parigi e a Marsiglia, con un budget di 45 milioni di franchi, manifesto della Nouvelle Vague, girato in pochi giorni a bassissimo costo, Godard con la sua macchina da presa Cameflex nascosta in una bicicletta, realizzò le lunghe carrellate senza binari per riprendere Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg i due protagonisti del film ai quali lanciò la loro carriera, rendendoli IMMORTALI, lungo gli Champs-Élysées.
Anche il montaggio presenta aspetti innovativi. Il regista svecchia le tecniche del cinema classico non usando i raccordi solitamente adottati per correlare le inquadrature ma i Jump-Cut, , taglia giustapponendole, rompendo la continuità di ciò che stiamo guardando creando una dinamica più libera e aggressiva, con la volontà provocatoria dell’avanguardia.
Il Maestro usa tecniche innovative, sicuramente controcorrente nei confronti del cinema classico che oggi più che che mai vengono usate specie dai giovanissimi cineasti nei Web.
Così come non seguiva la sceneggiatura già approssimativa, tratta da un soggetto di François Truffaut, ma prendeva le decisioni di giorno in giorno, dopo aver visto i giornalieri, lasciando ampio spazio all’improvvisazione degli attori e all’influenza dell’ambiente, come indicato da Dziga Vertov nel suo manifesto Kinoki.
Anche attraverso l’uso di piani sequenza Godard sottolinea l’innovazione del suo cinema con la volontà di re-inventarlo.
L’azione più sofisticata però è quella di trasformare l’irrilevante in evento, cioè per tutto il film attiva una sottrazione della drammaticità, evidenziando ciò che il cinema aveva sempre trascurato: l’irrilevante. Ad esempio dedica un attimo alla morte sia del poliziotto che del ladro-malfattore, 20’ agli irrilevanti discorsi tra Patricia/ Jean Seberg e Michel/Jean-Paul Belmondo nella camera dell’hotel
Jean-Luc Godard ha reinventato il cinema.
La saggista americana Susan Sontag non a caso paragonò l’impatto eversivo di questo film sul tradizionale linguaggio cinematografico a quello di James Joyce nella letteratura e Igor Stravinskij nella musica.
“Qual è la più grande ambizione della sua vita?”
– Divenire immortale; e poi morire….
Così fa recitare a Jean-Pierre Melville/Parvulesco, rispondendo alla domanda posta dall’incantevole Patricia/Seberg.
Dunque Jean-Luc Godard, il suo cinema, non ci sono dubbi, è IMMORTALE.
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.