Questo film di Wes Anderson è un omaggio alla bella scrittura stampata di una volta, la forza evocativa dei racconti dei grandi. Il film narra la passione del regista per il giornalismo.
Ispirato da New Yorker e De Sica
Questo di Wes Anderson, The French Dispatch è un film metà in Bianco e Nero, con foto che fanno pensare a grandi fotografi come Alfred Stieglitz, William Klein o André Kertész, metà a colori limone e fragola anni Cinquanta e Sessanta.
Tantissimi attori in carne e ossa, ma anche animazioni nello stile australiano anni Ottanta dei classici su Sherlock Holmes, con i quali Wes Anderson è cresciuto.
Divertente, triste, malinconico, buffo. Come è Wes Anderson.
Una briosa colonna sonora firmata da Alexandre Desplat.
Milena Canonero, vincitrice di quattro premi Oscar, è la costumista che ha creato i look pastello dell’universo color seppia immaginato da Anderson.
The French Dispatch è il decimo film dell’artista, messo per un anno da parte a causa della pandemia, è stato definito una “lettera d’amore al giornalismo e ai giornalisti”.
Racconta che alla morte del direttore, Arthur Howitzer Jr, interpretato da Bill Murray, giornalista americano che vive in Francia e che ha creato la rivista, che ha sempre lottato per scrivere ciò che desiderava scrivere, secondo le volontà espresse nel suo testamento, la pubblicazione del giornale viene immediatamente sospesa dopo un ultimo numero di addio, in cui, insieme ad un necrologio, il personale di redazione pubblica un memoriale che riporta le migliori storie realizzate dal giornale nel corso degli anni: un artista condannato all’ergastolo, rivolte studentesche e un rapimento risolto da un cuoco.
Qui si narra di Moses Rosenthaler (Benicio Del Toro), un artista mentalmente disturbato che sta scontando una pena nella prigione di Ennui per omicidio, dipinge un ritratto astratto nudo di Simone (Hélène Seydoux ) , un’agente penitenziaria con la quale intraprende una forte relazione. Lei è la sua musa e la sua padrona, bella che più bella non si può, cattiva che più cattiva non si può, decisa a farlo emergere per la sua arte. E riuscirà. Julien Cadazio (Adrien Brody), un mercante d’arte che sta scontando una condanna per evasione fiscale, è immediatamente attratto dal dipinto dopo averlo visto in una mostra d’arte per detenuti, e lo compra nonostante le proteste di Rosenthaler. E’ da sottolineare la messa in scena di Lois Smith, pseudonimo di Lois Arlene Humbert attrice statunitense, attiva in teatro, 91 anni, che recita la parte di Ushure Clampette che dovrebbe comprare i quadri Moses Rosenthaler che però con ispirazione di Simone fa affreschi sul muro mandando a monte l’affare di Julien Cadazio e parenti.
Qui Lucinda Krementz (Frances Louise McDormand), una giornalista anziana riferisce di una protesta studentesca, la “rivoluzione della scacchiera”. Ha una breve storia d’amore e possesso con il giovane studente Zeffirelli, leader della rivolta, nonostante la sua insistenza nel mantenere “l’integrità giornalistica”, segretamente lo aiuta a scrivere il suo manifesto e aggiunge un’appendice. Lucinda è la sua padrona ma lo è anche Juliette (Lyda Khoudri), una studentessa fortemente rivoluzionaria, a sua volta, non è impressionata dal suo manifesto. Dopo aver espresso il loro disaccordo sul suo contenuto, Krementz dice a Juliette e a Zeffirelli di “andare a fare l’amore”, cosa che fanno dichiarandosi vergini tutti e due. Poche settimane dopo, lui viene ucciso mentre tenta di riparare una piccola torre radio di una stazione radio pirata rivoluzionaria, e così diventa il simbolo del movimento.
Tutte le donne di Wes Anderson, di qualsiasi età, sono padrone del mondo ma per migliorarlo, solo per amore.
Infine durante un’intervista televisiva, Roebuck Wright che avrebbe dovuto narrare di alta cucina, e che invece racconta un poliziesco finendo con la storia del leggendario poliziotto-chef tenente Nescaffier. Il direttore Howitzer suggerisce al giornalista Wright di reinserire un segmento cancellato in cui il tenente Nescaffier in convalescenza dice a Wright che il sapore del veleno era diverso da qualsiasi cosa avesse mai mangiato prima. In primo piano B/N il poliziotto –chef cinese che per salvare Gigi, da una lezione di alta cucina nonché filosofica raccontando di un gusto che non avrebbe mai assaporato se non costretto, il cui sapore era diverso da tutti i cibi: il VELENO. Questo inserimento è la parte migliore del film, questo è il film.
Sono dunque tre le migliori storie, in cui il cineasta cambia tempo e luogo e protagonisti e persino genere, diventando, a un certo punto un cartoon, con un cast monumentale, un numero impressionante di facce note per pochissimi minuti di posa, altro classico di Anderson, qui portato all’estremo, come Elizabeth Moss per un attimo, Owen Wilson per due, Willem Dafoe per un’inquadratura, Henry Winkler in un battito d’occhio.
Questo è un omaggio alla bella scrittura stampata di una volta, la forza evocativa dei racconti dei grandi. Il film narra la passione del regista per il giornalismo.
Il titolo completo del film è The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun , ed è il nome di un fittizio supplemento di un giornale del Kansas realizzato in Francia, in una città inventata Ennui-Sur-Blasé (in realtà è stato girato ad Angoulême) e l’autore si è ispirato al New Yorker, come ha dichiarato, che leggeva fin da piccolo, all’idea platonica di una rivista raffinata, elitaria, graficamente e stilisticamente perfetta, e alla storia del cinema francese, da Truffaut a Melville, passando per Renoir e Tati, e “C’è anche un po’ d’Italia, oltre al brano della colonna sonora di Ennio Morricone, “L’ultima volta”, – “la mia vera ispirazione è stato L’Oro di Napoli di De Sica. Ha dichiarato Wes – Quando lo vidi, anche io decisi che volevo fare qualcosa di simile, raccogliendo episodi diversi.”
“volevo scoprire la realtà che stava dietro al periodico, cercavo di scoprire le persone che erano dietro le parole. La redazione, i giornalisti, come venivano realizzati i pezzi.”
“La prima cosa che mi aveva attirato sono stati i racconti brevi all’inizio della rivista. All’epoca si faceva narrativa, ed è un po’ quello che ho fatto io. Nel film parlo di giornalismo, ma porto in scena scene immaginarie.” Ha spiegato il regista durante la presentazione di The French Dispatch .
Il film racchiude le ossessioni di Wes Anderson, in particolare quella per la nostalgia.
In termini narrativi mescola echi dei Tenenbaum, di Moonrise Kingdom, di Grand Budapest Hotel, raccontando storie e personaggi classicamente andersoniani.
Nei titoli di coda appaiono dediche a firme e nomi storici del New Yorker, e Anderson non ha mai fatto mistero di voler rendere loro omaggio con questo film.
Le migliori metafore verranno comunque da lei, Tilda Swinton, in cui la splendida scozzese interpreta J.K.L. Berensen una critica d’arte ispirata a Rosamond Bernier, ama tenere conferenze vestita da sera e con pesanti parure di gioielli.
Con lei Wes Anderson ha appena finito di girare “Asteroid City” suo ultimo film girato in Spagna, il n. 11.
Adriana Moltedo Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale