Sappiamo benissimo che la nomina viene fatta non dai comuni cittadini, che ormai pare non riescano neanche a votare per decidere delle proprio governo e dei propri rappresentanti, ma dai cosiddetti “grandi elettori”.
Alle ore 17,22 del 28 gennaio, siamo ancora con il fiato sospeso per sapere chi sarà nominato o nominata Presidente della Repubblica.
Ma qualsiasi esso/a sia, ormai siamo rassegnati, abbiamo già ingoiato bocconi amari sui nomi fatti girare da mesi e fino a notte passata.
Sappiamo benissimo che la nomina viene fatta non dai comuni cittadini, che ormai pare non riescano neanche a votare per decidere delle proprio governo e dei propri rappresentanti, ma dai cosiddetti “grandi elettori”, non di statura s’intende, né di prestigio, di cultura o d’altro che per cui valga essere definiti tali. Eppure e ciononostante un consistente numero di persone, rappresentative della società, hanno avanzato delle proposte. Chi mai?
Gruppi di donne, queste si qualificate per professionalità, impegno sociale, familiare, storico e politico, hanno sottoscritto appelli e scritto lettere chiedendo alle istituzioni, ai rappresentati dei partiti, ai parlamentari, di eleggere una donna che avesse tutte le caratteristiche richieste per il ruolo di Presidente. E ne hanno proposte tante, dalla storia e ruolo insindacabili.
Non risulta che ci siano state risposte sul piano informale né evidentemente su quello formale.
Perché ancora una volta le richieste delle donne, alla politica, appaiono richieste di invasate, prive di realismo e di sostanza.
Così, i nomi femminili contenuti nelle rose di “papabili” proposte dalle forze politiche, tanto per fare, per non fare brutta figura nel dibattito di genere, per comodo, sono stati fatti rimbalzare di volta in volta con il chiaro intento di confondere le acque e prendere tempo.
Ma sono stati solo i politici maschi a non intestarsi un passo così importante per dare un segnale importante di cambiamento? Purtroppo dobbiamo constatare che anche le politiche femmine non si sono impegnate in questa direzione.
Nessuna ha preso la parola in aula, nessuna si è spesa nel proprio partito di riferimento, ovvero dove le battaglie si fanno alla luce del sole e le responsabilità individuali godono di luce propria, salvo qualche posizione opportunistica e di circostanza.
Neanche sui nomi proposti nelle rose in corsa ha operato la cosiddetta “sorellanza femminile” o la più banale solidarietà di genere. Le donne presenti in parlamento non hanno fatto altro che sostenere i propri leaders ed adeguarsi ai loro ordini, quando non criticare le candidature femminili proposte.
Sistematicamente bruciate, queste candidature, continueranno fino alla fine a far parte del balletto “Quirnale girls”.
E le donne a “fare spettacolo” ma, sia chiaro, senza concedere il bis!