Come è possibile, in un arco storico di emancipazione senza precedenti per la donna, che venga considerata così centrale la sua gradevolezza estetica?
La recente polemica che ha coinvolto Emma Marrone, criticata da un blogger per aver indossato una calza a rete su una gamba da lui considerata “importante”, ha riorientato i riflettori sull’aspetto fisico delle donne ancora così centrale nel 2022.
Questo infatti non è che l’ultimo di un diluvio di critiche che hanno interessato donne dello spettacolo e non, considerando che il 94% delle nostre adolescenti è vittima di body shaming, fenomeno per cui vengono fatte vergognare per la forma del proprio corpo, fortunatamente dal 2020 sancito reato penale.
Come è possibile quindi, in un arco storico di emancipazione senza precedenti per la donna, che venga considerata così centrale la sua gradevolezza estetica?
In parte ciò è dovuto al mito dell’esteriorità, caratteristico della cultura del narcisismo su cui poggia la società dell’immagine in cui viviamo, che celebra il culto dell’apparire e dell’apparenza anche e soprattutto per compensare ben più sostanziali mancanze, come ben ha descritto del resto il Dalai Lama: Questa è una epoca in cui tutto viene messo in vista sulla finestra per occultare il vuoto della stanza.
Va sottolineato poi che la bellezza femminile cui si allude, enfatizzata e promossa dal cosiddetto progredito mondo occidentale e virtuale è globalizzata, deanimizzata, artificiale, mercificata e dunque scissa, centimetrica, chirurgica, seriale e strangolante in quanto obbligata.
Vale la pena di chiedersi perché?
Il nostro è un Paese con una arretratezza palpabile circa l’emancipazione della donna e ancora prima relativamente alla sua percezione che resta ancorata agli stereotipi di genere della nutrice muta e dell’oggetto del desiderio, tanto è vero che dall’indagine Istat dell’anno 2018 sugli stereotipi relativi alla violenza di genere emerge che per il 77,7% degli adulti intervistati, gli uomini sono violenti con le loro compagne perché le considerano oggetti di proprietà ed un altro 75% per il bisogno degli uomini di sentirsi superiori alla propria moglie/compagna.
Gli stereotipi di genere purtroppo sono stati trasfusi attraverso l’educazione anche ai più giovani: infatti una indagine di Ipsos per Save the Children del 2020, mostra che il 57% del campione di adolescenti tra i 14 ed i 18 anni considera la bellezza femminile uno strumento per il successo, con il solo dato maschile che sale al 63% ed un 54% delle ragazze che si sentono svantaggiate a causa del genere cui appartengono.
Eppure le donne laureate nel nostro Paese sono più degli uomini, il 22% contro il 16,8% con grandi difficoltà di impiego, se si considera che l’Italia è il fanalino di coda in Europa per l’occupazione femminile con un dato nazionale pari al 48,4% che scende al 32,3% al sud e al 33,2% nelle isole.
Ecco comparirci davanti la foto di un contesto retrivo, ostacolante e violento, in cui deve districarsi con titaniche difficoltà un sempre maggior numero di donne che percorrono il cammino per l’emancipazione che si configura come una maratona ad ostacoli irta di insidie.
La verità è che per molte l’affermazione ed ancor prima l’indipendenza restano un miraggio.
Ciò spiega una competizione esasperata tra donne alimentata dall’ancestrale necessità di essere validate e scelte da un uomo per sopravvivere e darsi un senso, che prende l’odiosa forma del body shaming, del victim blaming, del cyberbullismo, dello slut shaming e così via.
A questo livore si somma il disappunto di tanti uomini che, avendo maturato dal tramonto del patriarcato potenti frustrazioni ed una identità inefficace, non accettando l’indipendenza e l’autodeterminazione della donna, tentano di diminuirla criticandola per il corpo, l’età, il vestito, lo stato civile, il comportamento e quant’altro.
Ad Emma viene detto che ha le gambe robuste per la calza indossata; a Mara Venier viene fatto pagare lo status e il matrimonio con un marito che la adora ed allora le si dice che è avanti con gli anni, sovrappeso e con i capelli troppo lunghi; Michela Giraud viene penalizzata per la sua intelligente e sferzante ironia con una sgradevole attenzione alle rotondità che possiede, a Vanessa Incontrada, attrice e showgirl di talento, hanno dato il tormento per le magnificenti forme acquisite a seguito della gravidanza, formosità che non ha voluto combattere, come tante altre sono costrette a fare per la pressione sociale ad un tipo di bellezza omologante ed obbligato, talmente inautentico da risultare irraggiungibile.
E’ una lotta, quella all’aspetto ideale, che impegna con accanimento crescente le donne fin dall’età pediatrica e poco importa se questo feticcio di adeguatezza ad uno standard artificiale e malsano venga raggiunto a prezzo di un imponente disagio psicologico, minaccia all’identità sociale, dispercezione corporea, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, disturbi dell’umore, che lasciano strascichi nell’arco dell’intera esistenza.
Questa idea di bellezza è il burqa dell’occidente dietro cui si nasconde tutto il resto che costituisce il vero valore di una donna: la sua essenza, unicità, i suoi talenti e capacità.
Perdute dietro alla ricerca della magrezza ideale e del filler perfetto, tante donne abdicano all’unica lotta cui dovrebbero applicarsi, quella orientata al raggiungimento delle pari opportunità e della piena emancipazione.
La chimera che rincorrono è il gradimento di un maschile sempre più sollecitato, quasi inseguito e dunque annoiato che in larga parte si avvantaggia furbescamente di tanta offerta, non apprezzando affatto chi gliela porge, rispettando sempre meno le donne ed usandole come fossero oggetti, come mi viene raccontato con grande dolore dalle pazienti e dalle tante ragazze e donne che partecipano alle mie Live su TikTok.
Non solo, ma casi come quello di Noemi e Katia Follesa, aspramente criticate sia quando erano in carne che dopo il dimagrimento, mostrano come vi sia una pretestuosità dietro le critiche mosse alle donne, soprattutto a quelle che si autodeterminano e vengono percepite come forti e disturbanti per il senso comune.
Occorre dire a chiare lettere che, dietro a questa spasmodica adesione a canoni estetici improponibili, soggiace strisciante il tentativo di incatenare la donna ad un malinteso concetto di bellezza che andrebbe sostituito da un altro che non imponga diktat ma lasci la possibilità di declinare, dispiegare il modello nelle variegate forme che prevede la realtà.
La vera bellezza, infatti, risiede nella capacità di suscitare emozioni, di toccare dentro, è una atmosfera che si trasmette attraverso l’armonia tra quello che una persona pensa e dice, si percepisce nella grazia delle sue intenzioni, è valorizzata dall’abito giusto, potenziata dall’efficacia del movimento ed infine magnificata dalla sincerità dello sguardo e dalla luminosità del sorriso.
E’ chiaro che tutto ciò spaventi perché proietta la donna automaticamente fuori dalla trappola estetica del “bella e basta”, bella solo in quel modo, bella per lui, spalancandole le porte ad una dimensione che la valorizza per la sua difformità, le restituisce verità e soprattutto la rende LIBERA.
1 commento
Carissima Dott.ssa De Filippo, seguiamo le sue argomentazioni su TV, le sue pubblicazioni e ultimamente i suoi live che stanno accogliendo nel modo più bello i giovanissimi. Qui è il vero successo della sua dedizione, della sua professionalità, della sua coerenza e delle sue lotte che hanno il fascino della persuasione, per far comprendere l’unicità di ognuno di noi, dell’affermazione e della consapevolezza del sè….. cercando di frantumare gli stereotipi e le mode che non hanno alcun senso. Lei è diventata un grande personaggio perchè punto di riferimento di tante persone. Il giovanissimo di oggi, che diverrà l’adulto di domani, La ringrazierà. Un affettuoso saluto con grande stima.