In una favola nera, Spencer, il cileno Pablo Larrain si immagina i tre giorni delle festività natalizie in cui Lady Diana scelse la libertà dal marito, il principe Carlo. Kristen Stewart incarna un’icona del Novecento, fragile e piena di umanità.
“Siamo tutti cresciuti sapendo cos’è una favola, ma Diana Spencer ne ha cambiato il paradigma e ha ridefinito le icone idealizzate della cultura pop, per sempre._ Così ha dichiarato Pablo Larrain regista di Spencer. – “Questa è la storia di una principessa che ha deciso di non diventare regina, ma ha scelto di costruirsi da sola la propria identità. È una favola al contrario. Questo è il cuore del film.” Questa è una principessa rinchiusa, nella favola nera di Pablo Larrain. Una principessa triste.
Ascoltiamo nel film William (Jack Nielen): Mamma, perché sei sempre così triste? E Diana (Kristen Stewart): Qui in questa casa non c’è futuro, passato e presente sono la stessa cosa.
Spencer, film diretto da Pablo Larraín, è un biopic su Lady Diana. La storia è incentrata in un preciso momento della vita di Diana, quando nel dicembre del 1991, durante le vacanze di Natale va con l’intera famiglia reale nella tenuta di Sandringham, a Norfolk.
Diana è speciale “metà del suo peso è costituito da gioielli”.
Nonostante tutto quei giorni di festa sono un momento di pace, nei quali la Principessa può festeggiare, andare a caccia, giocare e rilassarsi.
In questo clima natalizio, Diana ha modo di riflettere e prendere una decisione importante: quella di lasciare suo marito,
Si sente un fantasma, in un copione che prevede che ogni parola che scambi con chiunque a corte venga riferita.
Dalle cucine, insieme alle casse di cibo scortate dai militari in una cucina in cui giganteggia una scritta molto chiara, che vale per “la servitù”, ma in fondo anche per i reali dei piani alti. “Ridurre al minimo i rumori. Loro possono sentirvi”. “Loro” ascoltano tutto, anche i comportamenti sempre più bizzarri della principessa ferita, con le proprie mani oltre che da un ruolo che conosce bene, ma non riesce a sostenere.
Diana amava le “cose belle”, ma anche quelle che piacciono “alla classe media”, anche se gli Spencer non ne facevano parte. I colori sgargianti dei suoi abiti e l’anima fragile risaltano. Ma è destino che in casa Windsor Diana non riesca neanche a prendere un etto, a non essere felice né a divertirsi, vomitando quel poco che ingurgita.
Non sarà un principe azzurro a portare in salvo la principessa in difficoltà, ma è lei a dimostrare una forza inattesa, alla luce delle sue tante fragilità. Quella di non diventare regina, con una disperata voglia di futuro, impossibile da ricercare a corte. Un futuro che, come sappiamo, il fato beffardo gli precluse, mantenendo però forte, come dice Larrain, un’eredità “di onestà e umanità senza eguali”.
Spencer non è il primo film biografico di Pablo Larraín che ha già diretto Jackie (2016) e Neruda (2016).
Larrain prosegue il suo racconto di vite mirabili di donne che hanno segnato il Novecento, cambiando il ruolo sociale delle celebrità. Sul palcoscenico una donna e i tre giorni in cui decise di rinnegare la storia di una monarchia, per osare un futuro rinnegando un passato sclerotizzato. Accidentato, infantile, seducente, il percorso di Spencer è la ricerca di normalità di una donna che rifiutò di partecipare all’ennesimo gioco di (alta) società.
La incontriamo mentre si perde, sola, giungendo in macchina a Sandringham, luogo dei festeggiamenti. Si perde nonostante sia la campagna in cui è cresciuta, vicina di casa, letteralmente, dei Windsor. Ma nei dieci anni trascorsi da quando ha varcato il recinto è talmente cambiata che non si ritrova, se non per uno spaventapasseri con cui giocava da ragazzina, ancora con indosso una vecchia giacca del padre.
Spencer ha la Nomination all’Oscar 2022 e Golden Globe 2022 e la candidatura a miglior attrice protagonista a Kristen Stewart.
“Non avevamo intenzione di fare un docudrama, – ha dichiarato Pablo Larrain-: volevamo creare qualcosa prendendo degli elementi dalla realtà e ricorrendo poi all’immaginazione per raccontare la vita di una donna con gli strumenti del cinema. Questo è il motivo per cui il cinema è così fantastico: c’è sempre spazio per l’immaginazione. Nel costruire il personaggio di Diana, non volevamo solo creare una sua replica, ma usare il cinema e i suoi strumenti per dar vita a un mondo interiore che trovasse il giusto equilibrio tra il mistero e la fragilità del suo personaggio. Tutto ciò che Diana vede riflette i suoi ricordi, le sue paure, i suoi desideri e forse anche le sue illusioni. Questi elementi attingono a qualcosa che sta accadendo dentro di lei e mostrano una vulnerabilità bellissima.”
Adriana Moltedo
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.