<precedente>
3. Nessun costo indiretto.
Differenze che contribuiscono a rendere ancor più “conveniente” per le giovani donne il ricorso opportunistico a forme di lavoro non subordinate. Di fatto l’esistenza di questi costi connessi alla maternità contribuisce all’esclusione delle donne dal lavoro dipendente.
C’è infine un altro costo, che è rilevante quando si fa riferimento a lavoratrici con competenze specializzate (e le donne che hanno risposto al nostro questionario molto probabilmente lo sono, vista l’altissima scolarizzazione), un costo legato alla difficoltà di sostituzione. Quanto più è importante il ruolo della lavoratrice o tanto più è specifica la sua competenza, tanto maggiore sarà la difficoltà di trovare una sostituzione, in qualche caso occorre prevedere un periodo di affiancamento e/o formazione prima dell’assenza di indennità (con aggravio di costi per l’impresa che dovrà sostenere una doppia spesa), in altri casi sono adottate delle misure tampone, con un appesantimento dell’impegno per il resto della struttura, in altri ancora è necessaria una riorganizzazione del lavoro…Un costo che risulta particolarmente rilevante nelle imprese piccole, in cui più facilmente un’assenza può compromettere il presidio di funzioni importanti, e nei settori dei servi avanzati, in cui l’assenza prolungata di una figura chiave può alterare la programmazione di attività che non consentono dilazioni. Quest’ultimo costo riguarda anche le assenze per congedi.
Come intervenire per modificare l’atteggiamento delle imprese?
Con incentivi. Non con incentivi all’inserimento lavorativo delle donne, che corrono il rischio di creare le basi per ulteriori ghettizzazioni, ma con incentivi legati ai periodi di indennità di maternità e paternità, sia obbligatoria, sia facoltativa.
Le misure che proponiamo sono dirette alle piccole imprese ed hanno due obiettivi:
* Ridurre il differenziale di costo delle maternità, che concorre a creare un ambiente ostile alla maternità e a sfavorire l’assunzione delle giovani donne;
* Favorire nelle imprese un atteggiamento positivo nei confronti dei congedi parentali dei papà.
Strumento sgravi fiscali, più graditi dalle imprese rispetto ai contributi, perché più immediati e certi.
Tipologie di imprese Le imprese sino ai 50 addetti, per le quali il costo della maternità (sia in termini economici, sia di “sostituzione”) incide in misura maggiore.
3. Sostenere con incentivi la riduzione volontaria dell’orario di lavoro
Per le madri che hanno risposto al nostro questionario il “tempo” è il problema principale da affrontare, a conferma di molte altre ricerche che hanno evidenziato come lo scoglio principale su cui si infrangono le politiche di conciliazione sia proprio quello della modulazione degli orari di lavoro (sia come collocazione, sia come durata)4.
Noi proponiamo di dare finalmente piena attuazione a un sistema di incentivazione, già inserito nel c.d. pacchetto Treu (l. 196/1997, art. 13).
Il sistema prevede quattro fasce di orario a cui si applicano costi contributivi diversi; il risultato auspicato è l’incentivazione – su base volontaria – di posti di lavoro a orario ridotto, dal momento che gli sgravi contributivi stabiliti a favore dell’azienda per le fasce di orario inferiori a quella standard (40 ore settimanali) renderebbero più convenienti per le aziende i rapporti di lavoro a orario ridotto.
Questo il testo dell’art. 13 (comma 2), L. 196/2007.
Allo scopo di favorire il ricorso a forme di orario ridotto, anche attraverso processi concordati di riduzione dell’orario di lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le Commissioni parlamentari competenti, sono stabilite misure di riduzione o rimodulazione delle aliquote contributive in funzione dell’entità della riduzione e rimodulazione dell’orario di lavoro determinate contrattualmente. Tali misure verranno attuate secondo criteri e modalità stabiliti nel medesimo decreto, con particolare riferimento alla rimodulazione delle aliquote contributive per fasce di orario, rispettivamente, fino a ventiquattro, oltre ventiquattro e fino a trentadue, oltre trentadue e fino a trentasei, oltre trentasei e fino a quaranta ore settimanali. Le medesime aliquote si applicano quando l’orario medio settimanale sia compreso nelle fasce suddette, anche non riferimento ai casi di lavoro a tempo parziale verticale. In sede di prima applicazione, per i primi due anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, gli interventi sono destinati prioritariamente ai casi in cui il contratto di cui al primo periodo preveda assunzioni a tempo indeterminato di nuovo personale ad incremento dell’organico o la trasformazione di contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nell’ambito di processi di gestione di esuberi di personale.Il sistema di incentivazione previsto in questo articolo non è mai decollato, nonostante alcuni tentativi di attuazione in provvedimenti successivi (D. Lgs. 61/2000 e D. interministeriale 12 aprile 2000).
<continua>
1 commento
mi complimento per la ricerca che mi pare un’ottima base di discussione. Altri dati sono disponibili all’ispettorato del lavoeo e dalle consigliere di parità es quelli aggiornati sulle dimissioni x maternità entro il 1 anno del bambino/a
per prima cosa andrebbe reintrodotta la L188
Penso anche che grosse e medie aziende avrebbero l’interesse a introdurre flessibilità, welfare aziendale, job sharing x le sostituzioni, telelavoro
se si apre la discussione basta chiedere alle neo mamme lavoratrici cosa vorrebbero- E i sindacati che contrattino almeno a livello decentrato–