Il crocifisso fu un altro elemento che segnò la vita della giovane tedesca (all’epoca cecoslovacca, impero asburgico) che i genitori avrebbero voluto sposata e che invece scelse il velo (francescano) e la professione d’infermiera: nonché il nome d’una santa berbera da leggenda aurea, Restituta, vittima della persecuzione di Diocleziano. Restituta-Resoluta venne soprannominata ben presto per il carattere forte e deciso che la portava spesso a dirigere le operazioni in ospedale, quasi che la medica fosse lei. Ma era anche divertente e spiritosa, al punto che i bambini, dopo gli interventi, le chiedevano di posare con loro per una foto ricordo. Certo un po’ strana: le piaceva la birra, il gulasch. Chi non le piaceva affatto erano i nazisti contro cui si oppose subito, spontaneamente, naturalmente, istintivamente: come del resto dovrebbero fare tutti i cristiani. Al pari della santa cui si ispirava dovette affrontare i pagani, anzi i neopagani quindi peggiori di quelli antichi, e non si fermò mai, né davanti al divieto di esporre il crocifisso (che Restituta regolarmente riappendeva) né di fronte all’ingiunzione di non somministrare più alcun sacramento, o di assistere a “operazioni” alla Mengele o di… contestare apertamente Hitler, bastò una filastrocca irriverente per segnarne la sorte. Suor Restituta venne condannata su ordine del gerarca Bormann che voleva “dare un esempio” di risolutezza anche con i “traditori” di “razza germanica”. Restituta in effetti fu la prima “austriaca” messa a morte per decapitazione da un tribunale nazista.
Suor Restituta Kafka, martire del nazismo
di Daniela Tuscano
La sua biografia richiederebbe volumi. Vi rimandiamo perciò a quest’ottimo compendio https://www.clairval.com/ index.php/it/lettera/?id= 7090512 in grado di fornire notizie dettagliate su una religiosa tanto importante quanto poco conosciuta. Soprattutto in Italia: la maggior parte delle informazioni si possono attingere da siti web spagnoli o portoghesi. Elena-Restituta fu una gigantessa, e dalle immagini lo sembrerebbe davvero. In realtà era piccolina, anche se corpulenta, e nel nome, anzi nei nomi, recava scritto il suo destino. Era nata in Moravia nel 1894 da una famiglia di umili origini, ma con un cognome che uno scrittore suo contemporaneo avrebbe reso immortale. Quello scrittore si chiamava Franz, era ebreo e con gli ebrei la futura suora condivise non solo il martirio ma pure l’esistenza: durante la prigionia ne aiutò parecchi. Poi il nome di battesimo, quello di un’imperatrice, di più: della prima imperatrice cristiana, madre di Costantino, patrona degli archeologi per aver diretto gli scavi che rinvennero la croce di Cristo e dei pellegrini per averne inaugurato i percorsi. In un certo senso, si potrebbe affermare che Elena restituì a Cristo il suo ebraismo.
Ma Restituta non si fermò nemmeno in carcere, confortava ebrei, comunisti, donne di ogni sorta: giovani madri, ma anche chi alla maternità aveva rinunciato con violenza. Tra quelle mura era rinchiusa una donna responsabile d’infanticidio, ridotta allo stremo delle forze. Restituta divise il pane con lei, e fu l’unica: le altre detenute avevano infatti rifiutato di assistere chi aveva commesso un crimine così efferato. Ma lei, la suora testarda, no.
Decisamente i nazisti dovevano toglierla di mezzo. Dal loro punto di vista avevano ragione. E così fecero. Suor Restituta venne decapitata il 30 marzo 1943, quasi un mese dopo Sophie Scholl, la studentessa ventiduenne animatrice del movimento della Rosa Bianca.