Percorsi di parità e breve storia di una resistenza toponomastica della più bella gioventù
di Pina Arena
“Prof., la targa non c’è più, l’hanno portata via, è sparita”.
È una frase che ritorna e segna momenti bui delle nostre battaglie per la parità di genere con i loro simbolici approdi toponomastici a Catania e con un obiettivo chiaro: condividere memoria e impegno per la parità, dedicando luoghi o alberi alle donne da far riemergere dall’oblio della cultura patriarcale, da un abisso senza fondo.
Eppure quella frase ha una forza positiva e dirompente: è il segno dell’ attenzione, della condivisione, di un sentimento di responsabilità che resiste anche oltre gli anni di scuola, di un impegno preso senza scadenza.
“La targa non c’è più” dà un segnale fortissimo, che va oltre le parole, perché arriva da uno studente o da una studentessa che in quella battaglia “ha messo cuore e faccia”.
In quelle parole è la denuncia della rozza barbarie, del degrado del territorio, del vandalismo ottuso, di un mondo da riparare insieme ma che continua a franare.
Ogni targa sparita , e sono tante, ha una storia che meriterebbe un racconto a sé, ma qui metto insieme, in una summa rapida e selettiva, pezzi di un viaggio di resistenza in nome dell’impegno civico per la parità di genere.
Aprile 2016-Aprile 2019. Ad Aprile del 2016 hanno divelto (e non si è mai capito chi sia stato) le piante di alloro dal “Giardino delle Giuste e dei Giusti” di Piazza Borgo portando via anche la targa di intitolazione alle Giuste.
Le avevamo piantate dieci giorni prima, insieme, studenti e docenti del “Vaccarini” , con la Fnism e Toponomastica Femminile, giovani di Legambiente, gli Scout, il gruppo Mobilità sostenibile, l’assessore all’ambiente, Rosario D’Agata. C’era con noi anche Ulianova Radice di Gariwo. Era il frutto di mesi di lavoro condiviso e di azioni di sensibilizzazione coltivate insieme.
I vandali hanno lasciato buche ancora fresche nel terreno, le reti che proteggevano gli alberelli sono state scardinate, il segno delle targhe restava visibile. Non ci siamo fermati: abbiamo denunciato e ripiantato alberelli dalle radici più profonde, non una ma due volte, e oggi crescono e resistono, ma le targhe sono sparite ancora una volta.
Il signor Bonanno, storico abitante del quartiere Borgo e osservatore della vita che scorre nella Piazza, sorride amaro e rassegnato mentre gli raccontiamo le vicissitudini dei nostri alberi e delle nostre targhe delle Giuste e dei Giusti. “È inutile rifare tutto -dice- non c’è speranza”. Ma è proprio questo il punto: non possiamo lasciar perdere, è necessario coltivare la speranza e la fiducia che le cose possano cambiare, anche con piccoli e minimi gesti che rispondano ad un’idea di bene comune. Tanto più se cento studenti stanno a guardare e a fare, ad osservare noi adulti, noi insegnanti, noi cittadine e cittadini adulti.
Gennaio 2020. “La targa non c’è più”: con un messaggio secco, seguito da un fiume di emoticon di stupore e rabbia, Chiara, mia ex alunna, mi segnalava la sparizione della targa che intitolava la pista ciclabile alla Staffetta partigiana al Lungomare di Catania.
Un moto di incredulità. Ricordo che andai in loco a vedere. Giravo e rigiravo per i luoghi dell’intitolazione, non volevo sbagliare e speravo di poter ricredermi. Infine ho dovuto confermare. La targa non c’era, l’avevano portata via.
Forse ladri di pollaio, come diceva Chiara, ma, da qualunque parte venisse, quel furto, quella sparizione (come chiamarla?) era soprattutto un attacco vile e rozzo alla memoria delle donne della Resistenza, delle donne che hanno combattuto per questa Italia che ci fa vivere libere, liberi e in democrazia.
L’intitolazione alla Staffetta Partigiana, con un targa luminosa che riportava l’immagine della ragazza in bicicletta su campo azzurro, l’avevamo inaugurata il 2 giugno 2016, per il settantesimo anniversario del voto alle donne; avevamo coltivata l’idea nell’ambito di un progetto di scuola con gli studenti e le studentesse , con donne e uomini delle associazioni civiche e femministe.
L’amministrazione Bianco aveva subito accolto e realizzato la proposta, inaugurato l’intitolazione.
Ora, nel tempo delle riaperture post-covid, apprendo che le cose stanno diversamente.
La targa non è sparita, come diceva Chiara, è sparita dal posto in cui era stata collocata. In realtà la targa c’è ancora, ma è altrove: è stata traslata in un altro punto della pista ciclabile, non sappiamo quando e perché; c’è ancora, in realtà, ma è illeggibile sotto i segni di crepe, devastata, è una sorta di fantasma che solo chi conosce il percorso da cui è nata, sa riconoscere e leggere.
Ci chiediamo e chiederemo cosa mai sia accaduto. Torneremo a chiederne il ripristino.
Ultimo ma non ultimo appunto: sull’asse originario dell’originaria targa è stato inchiodato un cestino con una targa che ricorda che quel cestino raccoglie escrementi dei cani.
Attonita, mi chiedo da dove si deve ripartire.
Maggio 2022. Sparisce la targa di intitolazione a Felicia Bartolotta Impastato nel Giardino di Piazza Cavour. Hanno tagliato e strappato la corda che la legava all’alberello di alloro. I pezzi della corda tranciata erano ancora lì, per terra, quando un gruppo di studenti mi ha segnalato l’ennnesimo furto.
L’avevamo collocata, pochi giorni prima insieme , studenti, insegnanti di tre scuole -il “Vaccarini”, l’I.C. “Sante Giuffrida”, la Scuola Media Maiorana – donne e uomini delle Istituzioni e delle associazioni. Era un simbolo: di riconoscenza, di memoria del coraggio di una Donna che non si è fermata davanti ai criminali della mafia, di un impegno tenace da onorare.
Abbiamo cercato intorno, abbiamo fatto un giro della Piazza, chiesto ai gestori del chiosco. Niente, sparita.
Denuncia alla polizia. La ripristineremo. È con noi Luisa Impastato, che interviene da Cinisi.
Marzo 2018 -Giugno 2022. Per le Madri Costituenti piantiamo una jacaranda e 21 piante rose (quante le Madri Costituenti) nel Giardino Storico di Catania nel settantesimo anniversario della Costituzione. Quindici scuole insieme con Fnism, Toponomastica femminile, l’UDI, l’amministrazione Bianco.
Portano via le 21 piante di rose solo dopo pochi giorni l’inaugurazione e la piantumazione.
Al custode abbiamo chiesto chiarimenti e lui, rassegnato, ci ha risposto che non ci si può far niente. Ritorna il”niente” rassegnato.
La targa resiste, l’albero fiorisce, fino a quando Filippo, ex studente, mi scrive un inedito: “Prof, la targa delle Madri Costituenti è tutta infangata”.
La nostra risposta qui è stata rapida: con un gesto reale e simbolico, abbiamo restituito luce alla targa delle Madri Costituenti alla Villa Bellini, coperta di fanchiglia e sudiciume.
E’ stato facile, cosa da poco, ma le cicatrici della barbarie imperante restano.
Fino a quando dovremo sopportare?
Una cosa sola è certa: bisogna rispondere ripiantando alberi, targhe, fiori. Senza posa. Senza lasciarsi intimidire. Insieme, ricucendo un filo intergenerazionale.
Abbiamo il dovere di riprendere il cammino, far crescere alberi, senza fermarci, senza tacere, coinvolgendo, anzi lasciandoci coinvolgere dalla più bella gioventù .
Da qui si riprende il filo e, insieme ad altre associazioni- l’UDI, Femministorie, Il Governo di lei– che condividono questo viaggio, rinnoviamo i percorsi di parità anche attraverso l’odomastica, in realtà mai interrotti: nuove iniziative per le scuole, un percorso di formazione docenti, azioni condivise con il gruppo interregionale Fnism, da Catania a Roma a Torino.
È quasi primavera, tempo di nuovi inizi e nuove fioriture.