Quello della Psichiatra Barbara Capovani è stato un femminicidio atroce e purtroppo annunciato.
Un paziente pericoloso, infatti, con alle spalle una scia di aggressioni, molestie e minacce anche social, che si proponeva come sciamano e figura di riferimento di un movimento antipsichiatria, aveva preso ad odiarla da quando nel 2019 lo aveva ricoverato per un TSO nell’SPDC che dirigeva.
Barbara Capovani gli aveva diagnosticato “Disturbi narcisistico, antisociale e paranoide di personalità non ritenuti responsivi al trattamento farmacologico perché strutturati nell’assetto di personalità” ed aveva rilevato che il paziente apparisse totalmente consapevole delle proprie azioni e del loro disvalore sociale.
Si evince chiaramente dalla diagnosi della professionista che ella avesse contezza di avere a che fare con un soggetto pericoloso nella cui personalità confluivano i tratti di quella Narcisistica, caratterizzata da un quadro pervasivo di grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia, di quella Antisociale, determinata da un disprezzo delle leggi e dalla violazione usuale dei diritti altrui e di quella Paranoide, in cui domina una sospettosità pervasiva nei confronti del prossimo che viene considerato una minaccia.
La peculiarità dei disturbi di personalità è quella di essere egosintonici e dunque non percepiti da chi li manifesta come un problema, poiché crescono con la persona che li sviluppa, sono come intessuti con lei e si comprende dunque da un lato il motivo per cui i sintomi non siano responsivi ai farmaci e dall’altro il fatto che, chi ne è affetto, tipicamente non si metta in discussione ma dia la colpa al prossimo dei propri problemi.
Solitamente, chi presenta uno o più disturbi di personalità è capace di intendere e di volere e dunque, come nel caso di quello che sarebbe diventato l’assassino della dr.ssa Capovani, non adatto ad un ricovero in SPDC, ma avviabile a percorsi rieducativi e di risocializzazione che in Italia dopo la Legge Basaglia non sono mai stati realmente strutturati.
Esistono poche strutture denominate REMS (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza) che hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari chiusi dal 2014, di cui però pazienti come Paul Seung non s’avvantaggiano per i motivi indicati.
A causa di una sentenza della Cassazione risalente al 2005, i disturbi di Personalità gravi possono essere considerati causa di infermità mentale e questo ha condotto ad una psichiatrizzazione della popolazione che compie reati e che, per ovvi motivi, spesso ha una chiara antisocialità refertabile.
Ciò ha prodotto l’invio costante di detenuti presso i reparti psichiatrici di diagnosi e cura senza che potessero trarne alcun beneficio, piuttosto rappresentando sovente un pericolo per gli altri pazienti e ancor di più per i sanitari.
A rischio sono soprattutto le donne Medico Psichiatra o Psicoterapeute, la cui figura professionale non è riconosciuta da individui come Paul Seung, inquadrabili più come predatori relazionali che malati e per i quali l’autorevolezza e il potere decisionale di una donna costituiscono uno schiaffo intollerabile, da vendicare.
Tale avversione si manifesta a partire dai social, dove i predatori affettivo relazionali non infrequentemente si propongono come riferimento per gli altri e si producono in commenti usualmente denigratori, volgari, irrimediabilmente sessisti, quando non viscidamente ammiccanti, cui sottende l’odio per il genere femminile, specie se professionalizzato ed indipendente, che deve essere rimesso al proprio posto e quindi raggirato, diminuito e possibilmente atterrato.
Lo stesso Paul Seung, che del resto si definiva sciamano, aveva fondato una associazione antipsichiatria e da un nutrito gruppo complottista su Facebook lanciava strali contro i Medici ed in particolare in direzione della dr.ssa Capovani.
Mentre tanti Psichiatri stanno invocando una legge che consenta di superare questa pericolosa psichiatrizzazione dei detenuti violenti con disturbi della personalità, ma perfettamente in grado di intendere e di volere, io desidererei proporre il superamento del vuoto legislativo lasciato dal cancellato reato di plagio, prevedendo i reati di abuso relazionale e/o manipolazione fraudolenta, perché, a mio avviso, potrebbe costituire la svolta per individuare precocemente certe problematiche psicologiche, avviando chi ne è affetto verso gli opportuni percorsi rieducativi prima che possa compiere azioni gravissime, come il femminicidio della dr.ssa Barbara Capovani.
Infatti, è nelle relazioni tossiche che viene agito il peggiore sessismo, la rabbia feroce, la violenza psicologica e fisica in tutti gli ambienti di vita, trasversalmente alle classi sociali, relativamente all’individuo, ma anche nei gruppi, costituendo una vera e propria emergenza sociale.
Al di sotto di questi legami avvelenati soggiacciono gli stereotipi di genere in cui si riconosce quasi il 60% della popolazione adulta tra i 18 ed i 74 anni (Dati Istat 2018), che purtroppo sono stati trasfusi alle giovani generazioni (Ipsos per Save the Children, 2020), determinando un pericoloso aumento della violenza di genere in fasce di età sempre più basse.
E’ fondamentale agire educativamente e preventivamente al fine di creare una cultura del rispetto tra i sessi che potrebbe agevolarsi del deterrente della legge come è accaduto per il body shaming che, prima di essere considerato reato, veniva derubricato a scherzo da chi lo praticava in danno di altri, prevalentemente donne e da chi aderisce al paradigma del guai ai vinti, agendo victim blaming su chi viene offeso, deriso ed abusato, tipicamente le donne.
Gli 8 articoli della legge sul body shaming del 2020, che costituiscono un ampliamento della normativa sul cyberbullismo del 2017, hanno determinato una corrente di indignazione e consapevolezza sul fenomeno, chiaramente visibile sui social, in special modo quello dei ragazzi, TikTok, dove certe affermazioni offensive o derisorie vengono immediatamente e largamente stigmatizzate dalla community.
Considerati questi effetti positivi, perché non procedere egualmente per gli abusi emotivi, fisici, sessuali e finanziari che sono agiti all’interno delle relazioni, introducendo reati ad hoc?
Sarebbe urgente intervenire, per via del senso di impunità diffuso nel comportarsi con modalità predatoria, tanto che sui social si assiste al fenomeno dei “fuffaguru”, figure di “aiuto” all’altro, non riconosciute da nessun organo scientifico istituzionale (come quella dello sciamano Paul Seung del resto), che consigliano ai giovanissimi forme di manipolazione tipiche delle relazioni tossiche per estorcere agli altri ciò che si vuole, secondo la diffusa declinazione attuale dello stare insieme che equivale all’abusare e all’abusarsi vicendevolmente.
La cultura del rispetto, l’educazione e la prevenzione della violenza faranno il resto, ma per poter intervenire efficacemente occorre che il problema sia visto e correttamente stigmatizzato; solo così nel tempo si eviteranno tante perdite assurde ed incolmabili di vite preziose.
Nietzsche ha detto: “Riguardo a sacrificio e spirito di sacrificio le vittime la pensano diversamente dagli spettatori: ma da tempo immemorabile non si è mai data loro la possibilità di dirlo.” Facciamo in modo di non essere spettatori annoiati e distratti della violenza che ci circonda e diamo voce alle vittime attraverso tutti gli strumenti con cui si possa prevenire, contrastare e impedire altri fatti ingiusti e delittuosi come il femminicidio di Barbara Capovani, una donna la cui unica “colpa” è stata la professionalità e la generosità, in vita e oltre la vita stessa, come dimostrato dalla sua scelta di donare gli organi, per cui 3 persone hanno ricevuto da lei la straordinaria opportunità di una nuova esistenza.