Questa testimonianza collettiva nasce da una delle ultime puntate della mia MindLetter su Substack in cui riflettevo su una intervista che mi è stata fatta qualche anno fa su Marie Claire. Il tema era la autoindulgenza ma con un taglio per me particolare, diverso da quello che sono solita trattare: la bellezza ma non quella dell’anima, bensì quella del corpo. Cosa faccio, mi si chiedeva, di fronte alle mie imperfezioni, le accetto o cerco di cancellare o trasformarle?
Da lì ho iniziato a chiedermi se, in un mondo che chiede di essere competitivi, nascondere le imperfezioni possa aiutare, soprattutto le donne che vengono messe sotto alla lente di ingrandimento e buttate via quando non rispondono più ai canoni di mercato, mentre nessuno ha da ridire quando un uomo porta male i suoi anni.
Ho coinvolto alcune donne molto creative che lavorano in campi differenti ma complementari, tutte orientate verso una visione consapevole della vita. Mi interessava capire se e come consapevolezza e creatività potessero influire sul rapporto con il tempo che passa. A qualunque età.
Venendo al rapporto con noi stesse, è vero che ogni cambiamento porta con sé la caduta di alcune certezze-reali o illusorie- divenute paletti ai quali vorremmo restare disperatamente attaccate. Ma è anche vero che cercare di resistere al cambiamento vuol dire non accettare la trasformazione, unica certezza in una realtà-la nostra-in continuo movimento.
Ma cosa vuole dire essere autoindulgenti, accettarsi come si è o cercare di camuffare i nostri cambiamenti? Cosa significa affrontare il tempo che passa?
Se per Giovanna Nuvoletti , scrittrice, fotografa, giornalista di costume e di divulgazione scientifica e sociale per vari giornali, la autoindulgenza è “qualcosa che fanno le altre persone”, per Giulietta Bandiera, giornalista , scrittrice, trainer psicospirituale, autrice Rai e Mediaset, è “qualcosa di piuttosto antipatico: una sorta di mancanza di carattere, di rigore, di senso di responsabilità e talvolta di etica”, per Francesca De Mori, cantante e trainer, è una parola che non evoca niente di buono. “Non esiste ancora un termine, lei dice, che possa assumere il suono e la forma sonora di quello che abbiamo da perdonare a noi stessi per non esserci amati, per non essere stati amati, per non averlo imparato a nostra volta, per non averlo sconfinato, tolto da confini certi. Siamo così immersi da non essere ancora in grado di avere orrore delle definizioni, quindi: al massimo posso riuscire ad indulgere”
Per Antonia Dusman, artista, decoratrice e maga del tromp l’oeil, invece, la parola autoindulgenza evoca tenerezza. “Ogni mattina, lei dice, dovrei fare un esercizio davanti allo specchio in cui mi dico che mi amo così come sono, anche se non sempre lo faccio e non sempre mi piace quello che vedo. il mio corpo si è imbruttito, ma sono arrivata fin qua e sono ancora in piedi. sorrido e lentamente mi dico, oggi posso fare un piccolo passo per migliorare questo o quello, senza un obiettivo irraggiungibile come pensavo un tempo”
Secondo Grazia Di Michele , artista, paroliera, cantante, la autoindulgenza è” una inclinazione delle persone a perdonarsi, ad accettare i propri comportamenti e le proprie azioni, e con queste anche gli errori e le mancanze. Una forma di accettazione, di amore verso sé stessi, di accondiscendenza ai propri desideri . Anche Maria Giovanna Farina. scrittrice e filosofa, sostiene che” in poche parole sia saper dire a se stessi “Mi voglio bene”. E per Martina Galletta, attrice, altro non significa che perdonarsi. “So che potrebbe sembrare un concetto ovvio, addirittura astratto, ma in questo periodo della mia vita mi sono resa conto di quanto sia importante autoassolverci. Tutti sbagliamo, tutti perdiamo il controllo, tutti, volontariamente o involontariamente, commettiamo azioni che feriscono profondamente noi stessi e gli altri. Nel tempo, dopo anni di sensi di colpa irrisolti, ho capito che concedersi il lusso del perdono è il primo passo per ricominciare, senza paura e senza vergogna. Siamo esseri umani. Per dirla con Becket “Prova ancora, sbaglia ancora, sbaglia meglio”
Per Adele Bargilli, costumista per teatro, cinema e televisione, evoca augurarsi il benessere verso se stessi. “ Ma se ognuno vuole avere salute e mantenere la prestanza fisica, continua, non bisogna mai esagerare, evitando quindi gli eccessi”
E per Gabriella Campioni, scrittice e guida spirituale? “ Il significato etimologico è perdonare, compatire, scusare le colpe e gli errori… Ma soprattutto mi tornano in mente le famose “indulgenze” concesse dalla Chiesa in remissione di peccati di varia gravità, un tempo pagate profumatamente dalla gente… Mi piace un po’ di più il senso che mi arriva dal verbo, indulgere: permettersi un dolce, un pomeriggio libero, un acquisto, magari una piccola trasgressione… Essere buoni e comprensivi con se stessi, insomma, come a volte si fa con i bambini”
Ma queste donne stupende che sono felice di avere incontrato nella mia vita, stanno tutte affrontando il tempo che passa, anche se sono molto giovani come Martina Galletta perché ogni età viene vista come un cambiamento che spesso non si accetta. E loro che sono tutte profonde e vivono, ognuna a proprio modo, con consapevolezza, che rapporto hanno con le eventuali imperfezioni fisiche, le accettano o cercano di cancellare o trasformarle?
“Ci convivo, ci parlo, le educo a farsi amare dagli altri” sostiene Francesca De Mori ; Giovanna Nuvoletti le accetta, aggiungendo “Mi basta non essere troppo ridicola”. Non è della stessa idea Giulietta Bandiera che sostiene “Anche se mi sforzo di farlo, non le accetto mai fino in fondo, ma nemmeno interverrei drasticamente per eliminarle (con punturine, chirurgia estetica, ecc), in quanto credo che in fondo anche i miei difetti e i segni dell’età mi caratterizzino e raccontino la mia storia. Tuttavia cerco per come posso di mascherarle, con trucco, abbigliamento e … sorrisi. Tanti sorrisi”
“ Non mi sono mai sentita sicura di me stessa sotto il profilo estetico, dice Adele Bargilli– ma, nonostante questo, ritengo di accettare il mio corpo come è stato creato con le sue imperfezioni che sono della ricchezze acquisite e non cancellabili.
“Io non sono mai intervenuta chirurgicamente sul mio viso o sul mio corpo, aggiunge Grazia Di Michele, mi limito ad usare delle buone creme, a mangiare bene ( sono vegetariana da sempre), non fumo e non bevo alcolici ma tutte queste non sono rinunce e privazioni. E non sono ossessionata dalle trasformazioni che inevitabilmente il tempo lascia e lascerà su di me . Credo che questo dipenda da un equilibrio interiore, da un’armonia tra mente e corpo che ho saputo conquistare , dall’aver amato le rughe dei miei cari, dal pensiero che certi segni sono anche ricordi, nel bene e nel male, e non vorrei dimenticarli”
“Tutte (e tutti) scorgiamo vere o presunte imperfezioni nel nostro corpo, spiega Maria Giovanna Farina “ A partire dall’adolescenza inizia una vera e propria critica alla nostra immagine esteriore: vorremmo avere le gambe più magre, il naso come la nostra amica che consideriamo più bella, i capelli lisci se sono ricci… ecco i miei pensieri da adolescente. Poi crescendo ho compreso che fortunatamente siamo unici e nella nostra unicità siamo tutte belle, si tratta solo di accettarsi. A quel punto impariamo a valorizzarci e le imperfezione diventano opportunità. La mia non è vuota retorica, ma il pensiero nato dopo anni di riflessioni”
E per Martina Galletta, la più giovane del gruppo? “Siamo nel mondo dei filtri Instagram, della chirurgia estetica, dell’ossessione per l’esteriorità come manifestazione di successo. Non nego di essere stata anche io, come molti di noi, soprattutto i più insicuri, vittima di questo meccanismo perverso. È come se questa società ti volesse convincere che le tue caratteristiche migliori, l’intelligenza, l’empatia, la comprensione, la cultura non siano importanti, anzi, che siano da considerarsi come noiose o insignificanti. E allora ci si trasforma, ci si adatta, ci si violenta per raggiungere un obiettivo assolutamente inutile, che per altro depaupera noi e arricchisce qualcun altro. Sto cercando di disintossicarmi da questa angoscia come da una malattia. Contagiosa.”
Per Antonia Dusman “la voglia di trasformarsi c’è sempre, ma non parametrata a un fuori che mi possa giudicare, quanto a una me che vorrebbe sentirsi meglio fisicamente. Si è spostato il focus. L’energia fisica è cambiata, il tempo ha affaticato la mia struttura fisica materiale, ho dovuto mio malgrado rallentare i gesti. Solo da poco ho acccettato questo passaggio. Quella me forte e dinamica ha dovuto ammettere di non essere più performante come era un tempo e non parlo di tanto tempo fa”
Chiudo queste riflessioni sul rapporto con le imperfezioni fisiche, riportando esattamente quello che dice Gabriella Campioni: “Il rapporto con le mie imperfezioni: anche qui faccio un passo indietro spiegando che cosa intendo per perfezione. Di solito, definiamo “perfetta” una cosa che non ha più bisogno di cambiamenti: ergo, una cosa morta poiché la Vita è cambiamento incessante. Sono arrivata a definire perfetto ciò che ha gli attributi e le risorse necessarie in un certo ambito o contesto. Su un pianeta improntato alle scelte e al cambiamento, allora, la perfezione consiste nell’essere imperfetti. Senza imperfezioni, non ci sarebbe spazio per evolvere. Come dico spesso, siamo tutti cavalieri erranti nel duplice senso di vagare senza sapere dove stiamo andando, come spesso accade nella vita, e, conseguentemente, di sbagliare strada. Ciò detto, sto continuando a familiarizzarmi con i segni che ho permesso alla vita di imprimere nel mio corpo. Fino ai 79 anni, non pensavo proprio all’età. Con gli 80 è scattato un qualcosa per cui vedo di più le membra inflaccidite, come dici tu, e certe storture della mia postura con annessi acciacchi e cerco di capirne e andarne a curare l’origine. Indosso vestiti più ampi ed esco di meno di casa per lunghi tragitti anche per un sopravvenuto problema di vista, comunque tutto qui..”
Passando al rapporto di ognuna di loro con le imperfezioni del proprio carattere, devo dire che più o meno tutte sostengono di lavorarci sopra e sono certa che tutte loro lo stiano facendo in piena consapevolezza.
Non c’è in tutte la stessa visione della differenza nella accoglienza delle “imperfezioni” delle donne e di quelle degli uomini. Se per Giovanna Nuvoletti “ gli uomini vengono più accettati sia nel fisico che nel carattere, purché siano un po’ prepotenti”, per Grazia Di Michele invece “verso entrambi e da parte di entrambi c’è l’imperfezione del giudizio, c’è l’imperfezione di non guardare alla sofferenza Questi cerchi di donne cominciano ad essere davvero troppi”, aggiunge. Anche Adele Bargilli ha una posizione simile “Considerando la concezione che i difetti e le imperfezioni degli uomini vengano sottovalutate rispetto alla loro forza del carattere e del corpo.Per Maria Giovanna Farina “gli uomini sono privilegiati. Anche se ormai anche loro vanno dall’estetista e dal chirurgo plastico, ma se hanno una cicatrice in volto l’imperfezione fa ancora uomo vissuto, virile, coraggioso. Per noi donne resta solo un segno molto antiestetico”.Per Martina Galletta “La donna è sempre stata, a mio parere, la più soggetta alla mercificazione della sua figura, della sua bellezza, mentre gli aspetti più importanti, quelli legati all’intelligenza, alla capacità di fare carriera come (e meglio) dei colleghi uomini”
Ma come vivono gli uomini le proprie imperfezioni rispetto a come le vivono le donne?
Sostiene Gabriella Campioni: “Dal lockdown e come implicito più sopra, vedo meno persone dal vivo, quindi non ho sottomano un campione umano sufficiente per dirti se vedo differenze nel rapporto con le proprie imperfezioni in uomini e donne, e lo stesso dicasi per il mondo del lavoro. Da quel pochissimo che vedo in TV, mi sembra di notare un’attenzione dell’uomo per il corpo maggiore di ieri. Un’attenzione che, soprattutto nel mondo dello spettacolo, sembra implicare una certa “femminilizzazione” anche negli abiti e nel trucco che alcuni ritengono scandalosa. Forse sto andando troppo oltre e fuori tema, ma ci vedo un parallelo con lo scandalo provocato dalle prime femministe che affrontavano, per dirla con Jung, la propria ombra maschile anche indossando calzoni e cravatte e ripudiando il reggiseno. Un primo, superficialissimo segno che i maschi stanno almeno guardando la loro ombra femminile? Se fosse così, non ci sarebbe in teoria bisogno di battaglie, che sono estranee alla polarità femminile… Mah.”
E per Giulietta Bandiera? “Le donne sono molto più intransigenti con se stesse, a tutti i livelli, mentre gli uomini tendono ad accettarsi maggiormente, sia in senso fisico che caratteriale. E spesso si perdonano tutto, anche troppO facilmente.In questo senso sono più superficiali, ma anche più liberi, più spontanei e meno macchinosi”
Come cambia l’atteggiamento di fronte agli uomini e alle donne nel mondo del lavoro?
“L’ultima mia esperienza lavorativa, racconta Antonia Dusman, è stata devastante da questo punto di vista perchè ho lavorato in un negozio (colorificio) in cui il contatto col pubblico è stato una bella cartina tornasole. Io a 61 anni ero tra le più giovani. Un mondo di uomini giudicanti vecchio stile. Ho dovuto impormi non sempre con piacere, sia per imparare cose nuove del campo, sia per far capire che c’è un mondo che cambia anche per la professione. Ma sono ancora in piedi ad affermare che una donna nonostante i suoi acciacchi e nonostante donna, può dipingere una parete tanto quanto un uomo o forse meglio. Ma questo lo sappiamo già da molto tempo”
Giovanna Nuvoletti rincara con un sonoro “Beh, ho vissuto un bell’assortimento di sottovalutazioni”
Dice Grazia Di Michele: “Io ho frequentato per anni l’ambiente musicale. Molte donne artiste sono state emarginate per molto tempo. A me è andata bene, il mio ex era mio collega, lavoravamo spesso insieme, ero protetta. Peccato che allora per alcune donne ero considerata fortunata perche’ avevo il fidanzato musicista. Capisci cosa sto cercando di dirti?”
“ Per quanto riguarda il mondo del lavoro, aggiunge Maria Giovanna Farina, sappiamo quanto la cosiddetta avvenenza favorisca… anche se a volte porta solo guai. Ma ti posso assicurare che anche se non si è proprio delle bellone e giovanissime fanciulle ti capita di subire il tipico ricatto sessuale. Quindi è difficile uscire da certe gabbie di genere”
“Nel mondo del lavoro ripeto il concetto che gli uomini siano valutati rispetto alla loro intelligenza, alla loro simpatia e alla loro forza, sostiene Adele Bargilli, invece le donne sono prevalentemente valutate per il loro aspetto fisico.
“ A livello sociale e quindi anche professionale, spiega Giulietta Bandiera, le donne vengono giudicate con maggiore severità. Se sono belle, devono dimostrare di essere anche intelligenti e capaci. Se non lo sono, devono fare in modo di migliorare il proprio aspetto per essere accettate, o comunque affinare le proprie doti caratteriali, per supplire alla mancanza di appeal. Con le dovute eccezioni, naturalmente, ma questa mi sembra essere la regola generale vigente. Ritengo tuttavia che la responsabilità di ciò sia da attribuire, prima ancora che all’ambiente nel quale vivono e lavorano, alla severità con cui le donne, come ho detto, giudicano se stesse. Personalmente non mi sono mai piaciuta fisicamente, ma con gli anni ho acquisito sufficiente stima di me per non subire reali discriminazioni né sul lavoro, né nella vita privata. Diciamo che mi sono fatta rispettare, anche perché, conoscendo i miei limiti, ho sempre evitato di trovarmi in situazioni per le quali sapevo già di non poter essere all’altezza. Ho grande ammirazione tuttavia per le donne che hanno il coraggio cavalcare i propri difetti, facendone dei motivi di distinzione. Un esempio su tutte? Barbra Straisand. Bella non è mai stata, ma nessuna è come lei.
E veniamo al punto che ha mosso in me tutta questa faccenda, per il quale vi rimando al mio podcast Vita Creativa. Sarei felice se aveste voglia di ascoltarlo e di seguire anche le puntate successive, trovando ogni link su Spreaker.
Cosa vuol dire affrontare il cambiamento imposto dal tempo, qualunque sia la propria età?
“Credendo molto nella frase di o attribuita a Einstein per la quale un problema non può essere risolto con la stessa mentalità con cui lo si è creato, dice Gabriella Campioni, utilizzo la mia passione per la lettura in chiave simbolistica di tutto per cercare di capire quali sono le tendenze della mentalità “pubblica” e modificare la mia essendo convinta della comunicazione “sottile” che avviene sempre. Un esempio: la caratteristica principale che vedo nella mentalità attuale è la separatività, quindi cerco di sanare i miei conflitti interiori e di collegare i miei vari “opposti”. Non per combattere la prima, ma per tendere all’armonizzazione. Con il lockdown, ho cercato di rendere la tecnologia una mia risorsa. Grazie al computer, spazio, per così dire, fra i pensieri di una buona parte di mondo, favorita in ciò dalla conoscenza dell’inglese. Dal gruppone di settanta persone che seguivo quindicinalmente dal vivo alla Fondazione Humaniter dealla Società Umanitaria di Milano, è nato un gruppetto di una quindicina di persone che si esplica online. Ci si incontra telematicamente tutte le settimane e si dialoga in pratica tutti i giorni via WhatsApp. Prima, tra un incontro e l’altro c’ra praticamente il vuoto. Adesso c’è una comunicazione continua con evidente soddisfazione di tutte: ebbene sì, siamo tutte donne. Gli unici due uomini di prima si sono eclissati…
“Quest’anno sto male, fisicamente e mentalmente, risponde invece Giovanna Nuvoletti , essere vecchia mi piaceva, ero una bella vecchia intelligente – ma adesso sta volatilizzandosi tutto”
“ Ho sempre lottato col mio corpo, risponde Antonia Dusman Mio padre per primo non mancava mai di fare il confronto con mia sorella, lei era la bella di casa…ora ha tante rughe come un’anziana di 90 anni. Accettare di avere un corpo che comincia a cadere e non può più tornare indietro è stato davvero difficile, almeno per me, ma giusto ieri sera pensavo agli alberi che tanto amo: la natura non giudica il tronco di questo o quell’albero. un picchio rosso si è appoggiato al nostro fico e ha iniziato a picchiettare …tenero. Solo l’essere umano è capace di tanta cattiveria. Con i recenti temporali, qui a Buccinaco sono caduti alcuni alberi apparentemente molto saldi e grossi, com’è possibile ? ho pensato. Erano marci dentro. Ho provato tenerezza anche per il mio datore di lavoro, che a 76 anni ha dovuto arrendersi al fatto che il tempo ha dato i suoi colpi, ha ispessito la sua pelle e le sue membra. Nella tenerezza ci trovo un senso di libertà, un mollare le redini della lotta per un esteriore che deve necessariamente cambiare forma, di compassione per quello che c’è stato e di accettazione per quello che siamo divenuti fin qua. Resta solo l’esperienza che traspare dagli occhi per chi la vuole vedere.
Per Grazia Di Michele il tempo che passa “ Vuol dire fare scelte coraggiose, anche quella di rifarsi, per chi lo desidera. Tanto la faccenda sappiamo che può rimanere in superficie”
Per Maria Giovanna Farina: “Vuol dire fare i conti con un volto che cambia, dico il volto perché è ciò che appare per primo in ogni relazione anche quella con se stessi, ma se ci rifletto so che quel volto è la somma di ciò che sono stata e non voglio cambiarlo proprio per non ripudiare la mia storia. Non rinuncio però a tenermi da conto, a curare il mio corpo, ad amarlo nonostante non sia più quello della ragazza che sono stata. Se ci amassimo davvero, tante problematiche legate allo scorrere del tempo non avrebbero luogo favorevole per esistere”
Martina Galletta ci confessa: “Sarò sincera. Sono in un periodo del mio percorso in cui devo decidere, e anche rapidamente, cosa voglio fare della mia vita. Faccio ancora tanta fatica ad accettare il cambiamento futuro che mi aspetta e lo temo, come penso sia per molte altre persone. Un grandissimo esempio per me però rimane mia madre Eleonora, una donna che ha lavorato tutta la vita per mantenere la famiglia e poi, a cinquant’anni, ha finalmente seguito il suo sogno. Ha preso due lauree, ha scritto e pubblicato libri, ha fatto regie di vari spettacoli (per altro, ideati da lei), si è laureata anche all’accademia di belle arti di Brera e ora dipinge e presenta (e vende) le sue opere.Non conta il tempo, credo, ma come riusciamo ad usarlo, senza temerlo. Così il tempo smetterà di esistere”
E Adele Bargilli: “Le mie esperienze si possono riassumere nel nel concetto che la bellezza crea fragilità,nel senso che gli uomini se ne possono approfittare.Quindi la creatività ,la bravura e la professionalità sono caratteristiche che contano e che prevalgono. – La bellezza di spirito con il tempo non cambia e non invecchia.”
“Invecchiare è una fregatura, ci dice Giulietta Bandiera, ma anche una grande prova del carattere. Sappiamo che il tempo è un’illusione, eppure dobbiamo necessariamente farci i conti, poiché il decadimento fisico, la perdita progressiva di funzionalità del corpo, unitamente alla perdita di energia, prima o poi ci riguarderanno da molto vicino, che ci piaccia o no. Il mio antidoto consiste prevalentemente nel coltivare la mia interiorità, ossia quella parte di me che non è soggetta alle angherie del tempo, poiché è connessa con l’energia infinita dell’universo. Il processo che seguo va in senso inversamente proporzionale a quello del corpo: man mano che quest’ultimo invecchia, io mi sforzo, per quanto possibile, di tornare dall’albero al seme, in una sintesi che converge al senso stesso del mio esistere nel mondo. Aspiro insomma alla mia innocenza originaria. Allo stato iniziale della mia creazione. Quando tutto era nuovo. Al pensiero stesso che mi ha creata. Quello è il livello quantistico della realtà, il livello dove tutto è ancora possibile. Per questo da qualche anno mi dedico volentieri all’IKIGAI, un antico metodo giapponese che aiuta le persone proprio a compiere questo processo di ricapitolazione e di sintesi massima della propria vita, per favorire l’emergere del suo senso”
Chiudo questa carrellata con la risposta di Emma Treves, giornalista escrittrice, che, forse, riassume una parte del vero sentire di ognuna di noi:
“Ciao Susina. Io ti do poca soddisfazione perché alla mia età, dopo tanta fatica fatta negli anni per capire, ragionare, approfondire, sia da sola che con psicologi, adesso non voglio più fare nessuno sforzo. Sono così come sono arrivata a essere e non mi pongo domande di sorta. Men che meno sull’ indulgenza. Ho dato! Ti abbraccio e spero sentirti presto”