E’ una sonora , amorosa, strigliata a tutte noi donne italiane quella che Paola Cortellesi ci ha dato con “C’è ancora domani” , sua opera prima da regista.
Film struggente e potentissimo sulla realtà femminile degli agli anni ’50 ma ricco di spunti ancora non troppo lontani dalla nostra .
“C’è ancora domani “ ha il pregio di sbatterci in faccia il valore di gesti che oggi diamo per scontati , di conquiste date per scontate ma, invece , sofferte e preziosissime. Conquiste fatte dalle nostre nonne e madri e il cui valore dovrebbe restare immutato .
Cortellesi lo fa smarcandosi da qualunque stereotipo, usando la potenza dell’ironia, della burla finanche del marito violento reso una macchietta impensabile da emulare anche da chi quella violenza , sotto sotto, non disdegnasse .
“C’è ancora domani “ rende valore all’amicizia fra donne , alla “sorellanza” ,parola così rara oggi ma cosi bella .
Quella fra amiche , fra madre e figlia, ma anche fra qualunque donna voglia aiutare o salvarne un’altra di donna , sostenendola.
Un film in cui la scelta di girare in bianco e nero diventa metafora di un mondo di sfumature inesistenti ma in cui finanche il cantare a bocca chiusa della scena finale diventa potente.
Ecco, il finale.
Quello di cui non si può scrivere perché è la chiave del film.
Finale che ci sorprende e spiazza riportandoci alle cose davvero importanti
Oltre gli stereotipi che ci aspetteremmo di storie d’amore salvifiche o di salvataggi cercati nel delegare la nostra felicità ad altri , o nella fuga.
Finale che ci ricorda battaglie, momenti da onorare perché lo dobbiamo a chi ha combattuto perchè li potessimo vivere , non pura forma ma sostanza.
Prova tangibile , finalmente, del nostro esistere, del nostro “esserci”.
Paola Cortellesi ci porta in un racconto che trasforma gesti di presunta felicità , come la raccolta faticosa dei soldi accantonati di nascosto per comprare ad una figlia l’abito da sposa , in qualcosa che davvero può cambiare la propria Vita, migliorandola.
Come studiare, crescere ,evolversi , darsi nuove possibilità di essere .
Insomma “C’è ancora domani “ è un capolavoro di Bellezza e Verità per tutte noi.
Un magnifico pro memoria ad uso di quando ci dimentichiamo del nostro valore, della possibilità di cambiare ,di tirarci fuori da situazioni sminuenti , mortificanti che pensiamo senza via di uscita.
E’ il dover “stare zitta” quello che più di una volta viene ricordato di fare a Delia , la protagonista, dai maschi della sua famiglia .
Il non parlare , non esprimersi, il diktat valido per lei come per qualunque altra donna che appaia nel racconto, a qualunque livello sociale appartenga.
Ad una sola Marisa , interpretata da Manuela Fanelli , Paola Cortellesi dà la possibilità di mostrarci che si può vivere in altro modo. Solo Marisa, infatti, fra tutte può dire la sua anche di fronte al marito, può vivere serenamente e paritariamente il suo rapporto di coppia, aprendo alla possibilità di immaginare che sia possibile anche alle altre donne .
Una sola , però, fra tutte
In “C’è ancora domani” la violenza familiare fisica e psicologica ,perpetrata da Ivano, il marito (Valerio Mastandrea ) come da tutto il mondo maschile e patriarcale che circonda ogni protagonista femminile è presentissima e mai fine a sé stessa.
Cieca e irrazionale, assurda e ingiustificata ma sempre finalizzata nell’unica direzione di mortificare, annullare la personalità, l’individualità della donna che la subisce.
Perchè diventi invisibile, finanche a sé stessa.
Insomma dobbiamo tanto a Paola Cortellesi per il dono prezioso di questa sua opera. Tantissimo.
Facciamone tesoro, facciamo tesoro della commozione che ci ha suscitato , per ricordarci sempre che “esserci” e farci sentire nel mondo che abitiamo , nel nostro mondo , non è solo un diritto ma anche un dovere. Sempre .
Verso noi stesse , verso chi ci ha precedute e ,come esempio e memoria, per tutte quelle che vengono dopo di noi e che a noi guardano.