Intervista a Silvia Nencioni, sul ruolo dell’omeopatia in Italia e del valore di farmaci – adatti a tutti anche a donne in gravidanza e bambini – che oggi rappresentano la scelta di cura di oltre 10 milioni di italiani.
Silvia Nencioni, è presidente e AD Boiron Italia, e da un anno alla guida di Omeoimprese l’ associazione che rappresenta il comparto dell’omeopatia in Italia
Cosa vuol dire omeopatia? Perché è così amata ma spesso non considerata efficace dalla medicina tradizionale?
Omeopatia è un termine che deriva dal greco: “omoios” (simile) e “pathos” (malattia). Il “simile cura il simile” è infatti il principio su cui si fonda questo approccio terapeutico. Quando mi chiedono cosa sia l’omeopatia, mi preme sottolineare che si tratta di medicinali a tutti gli effetti, con delle specificità. Parliamo di farmaci prodotti a partire da sostanze naturali, che vengono diluite e dinamizzate; questa caratteristica li rende sicuri e pressoché privi di effetti collaterali.
Nel nostro Paese, sono circa 10 milioni gli italiani che ricorrono all’omeopatia per migliorare il proprio stato di salute, anche in maniera complementare ai trattamenti convenzionali. Naturali, efficaci e rispettosi della persona e del suo stato di salute: sono questi alcuni tra i punti di forza riconosciuti ai medicinali omeopatici. I pazienti apprezzano infatti la possibilità di ricevere una terapia personalizzata che valorizza la relazione con il medico e che favorisce un rapporto di fiducia con il farmacista.
Purtroppo, esistono ancora barriere ideologiche che limitano le potenzialità di diffusione dell’omeopatia in Italia, spesso alimentate anche da una cattiva informazione che non rispecchia l’evidenza clinica e l’efficacia di questa terapia.
La farmaceutica copre molti settori. Perché ha scelto quella omeopatica?
Quando mi sono laureata nel 1995 non conoscevo l’omeopatia; a quei tempi non era ancora oggetto di studio in facoltà e la situazione oggi, purtroppo, non è cambiata. Avevo due offerte di lavoro, due ambiti diversi e d’istinto ho scelto Boiron per l’interesse che stava nascendo in me rispetto alla medicina naturale, principalmente in ambito fitoterapico.
Ero curiosa, ma anche dubbiosa: racconto sempre che nel libro di tecnica farmaceutica ci avevano fatto scrivere ‘saltare’ al capitolo dedicato agli omeopatici. Ecco, da allora sono trascorsi quasi trent’anni e come vede non ho mai abbandonato l’omeopatia. Una scelta dettata da una forte passione per questa terapia, a mio parere straordinaria, per le sue potenzialità e per i benefici per la salute. Contribuire allo sviluppo dell’omeopatia in Italia è stato l’impegno che mi sono posta allora e che continuo a pormi, con determinazione.
Cosa vuol dire essere amministratore delegato di una società straniera e come ci è arrivata?
Il mio percorso in Boiron è iniziato come informatrice scientifica del farmaco; dopo pochi anni mi è stata offerta la posizione di area manager della Toscana.
Mi sono poi trasferita a Milano, per coordinare tutti gli informatori nazionali; ho quindi assunto la direzione scientifica e ho continuato ad ampliare le mie competenze fino a diventare Amministratrice Delegata e Presidente della filiale italiana, ruoli che ricopro da oltre dieci anni.
Guidare l’azienda verso il raggiungimento dei suoi obiettivi strategici, favorendo la crescita e la diffusione dell’omeopatia in Italia, anche attraverso il confronto con le istituzioni e il dialogo con i medici e i farmacisti, è un compito impegnativo considerato il comparto in cui operiamo e le sue specificità in Italia. Un compito rafforzato e sostenuto anche dal mio ruolo in Omeoimprese, l’associazione di categoria delle aziende del settore, di cui sono Presidente da un anno.
Cos’è l’artemisia Nitida sulla quale ha fatto la sua tesi di laurea?
Si tratta di una pianta che cresce sulle Alpi Apuane. Non sono stata io a scegliere questo argomento per la tesi, bensì la mia professoressa; a ripensarci oggi, non era consueto che una Facoltà di Farmacia incoraggiasse una tesi sperimentale in botanica, piuttosto che in chimica. Ma questo primo approccio al mondo delle piante è stato l’inizio di un percorso, anzi di una passione, che ha caratterizzato tutta la mia esperienza lavorativa.
Perché ha scelto farmacia invece di medicina? Una passione da sempre?
Sono sempre stata attratta dagli studi e dalle professioni che avevano a che fare col farmaco, pur non avendo esempi in famiglia da seguire. Non avevo la vocazione per medicina; farmacia si è rivelata la scelta giusta, anche se non ho mai esercitato dietro al banco. Mi ha aperto la strada a un percorso professionale all’interno di un’azienda che ha a cuore la salute dei pazienti e che da sempre ha un ruolo di primo piano nella legittimazione dell’omeopatia.
Lei è stata informatrice scientifica. Un tempo non era necessaria la laurea. Adesso sì?
È vero, oggi per diventare informatore scientifico è necessario un titolo di studio universitario. Viene richiesto il conseguimento di un diploma di laurea specialistica o magistrale in discipline come medicina e chirurgia, scienze biologiche, chimica, farmacia, chimica e tecnologia farmaceutiche o medicina veterinaria. Alternativamente, è possibile possedere un diploma universitario o una laurea triennale in Informazione Scientifica sul Farmaco o titoli equivalenti riconosciuti dal Ministero della Salute.
Molte donne nel settore farmaceutico?
Quello del pharma è un settore in cui, negli ultimi anni, la parità di genere è una realtà: il 43% degli addetti è donna. Ecco, in questo senso direi che in Boiron abbiamo precorso questa tendenza; siamo un’azienda che da decenni ha una percentuale di ‘quote rosa’ molto elevata: oggi, nella filiale italiana il 50% dei ruoli manageriali è ricoperto da donne, che rappresentano il 70% dei dipendenti, con un modello e politiche attive a supporto di inclusione, pari opportunità e una migliore conciliazione vita-lavoro. Percentuali e politiche analoghe caratterizzano il Gruppo Boiron in tutto il mondo.
Le cure omeopatiche sono meno care delle terapie medicinali. Quanto incide ciò? E sono in realtà più efficaci?
Non credo che il costo delle cure omeopatiche sia l’elemento differenziante che spinge o meno i pazienti ad utilizzare questi medicinali. Secondo una recente indagine condotta da Harris Interactive, più di metà degli italiani ha utilizzato l’omeopatia nel corso della propria vita (57%), dichiarandosi soddisfatto nell’81% dei casi. Pensi che 6 italiani su 10 intendono utilizzare l’omeopatia in futuro: assenza di effetti collaterali, naturalità ed efficacia di questi medicinali sono i motivi alla base di questa scelta.
Personalmente ritengo che l’omeopatia sia una straordinaria opportunità terapeutica, per quanto ancora poco utilizzata anche a causa di pregiudizi. Ed è un peccato, perché sono tante le tipologie di pazienti che potrebbero beneficiarne: bambini, inclusi i neonati, donne in gravidanza e pazienti pluritrattati, con un impatto positivo sulla salute pubblica e sui costi sanitari. Pensiamo, ad esempio, a tutto il tema dell’antibiotico-resistenza: l’omeopatia può rivelarsi un valido aiuto senza la presunzione di sostituire gli antibiotici laddove necessari, ma riducendone efficacemente l’utilizzo nella gestione delle infezioni.