di Marianna Faraci
Lei è stata una “enfant prodige” della poesia, e di fronte a questa precocità persino Pasolini si dichiarò disarmato. Quando prese la penna in mano per la prima volta? Lo ricorda?
Eh, quand’ero piccolina, piccolina. Mi piaceva scrivere. Mi piaceva studiare, scrivere, soprattutto disegnare, fare segni sulla carta. Non avevo idea del rinnovamento poetico che di lì a poco sarebbe avvenuto in me.
«Ho perso i miei anni migliori leggendo libri su libri, ma soprattutto quelli che mi passava mio padre: uno ogni tre mesi, sottratto al bilancio familiare» (Lettere a un racconto)…
Più che altro glieli rubavo, perché allora l’infanzia era tenuta un pochino nascosta. Ero curiosa.
Quali erano le sue letture preferite?
Mah, di tutto. Leggevo il Touring Club, per esempio. Tutta la Divina Commedia. Non la capivo, però avevo compreso che per capire le cose bisognava rimandare a memoria e che poi, in una seconda analisi, la mente avrebbe penetrato il linguaggio. Questo lo sapevo già da bambina.
Poi arriva la consacrazione poetica con La presenza di Orfeo…
(Sorride) Ma lì è arrivato un pazzo che ha cominciato ad affermare che ero brava e allora… Mio padre non voleva, non voleva che mi montassi la testa. Infatti non me la son mai montata.
…Alda Merini si sente più Orfeo o Euridice?
Tutti e due, maschio e femmina. C’è un’ambivalenza nei poeti e nelle poetesse, sono un po’ uomini e un po’ donne, no? Maria Corti diceva che la mente della poetessa è molto maschile, è molto autoritaria, è una mente di comando e che, quindi, redarguisce molto i sensi, li tiene a bada. Sono i suoi soldati che vanno a fare strage di sensi, i ‘pupi’ della mente del poeta!
Nella sua poesia il ‘canto’ non esclude il ‘concetto’, non c’è opposizione come negli antichi tra ‘mithos’ e ‘logos’?
Forse perché mi sono votata presto alla musica. Ho preferito la musica alla poesia. Il ritmo era nel sangue.
Quanto la musica ha influenzato i suoi versi? Nel Tormento delle figure lei afferma: «Manca una componente alla trinità triste della parola: la musica». In che senso?
La regina della musica mi ha sempre portato all’idea del suicidio. Quasi ad un completamento dell’anima e di tutto quello che era l’excursus della vita. Per me, dopo una bella composizione si può anche morire, mentre dopo una poesia si deve andare avanti perché non si è mai a posto. No, no!
Lei è nata con la primavera, quindi ne è un fiore e…
Be’, ero un fiore…
…‘È’ un fiore della letteratura italiana. Fiore di poesia è il titolo della sua raccolta, curata da Maria Corti. Le sue liriche sono fiori da raccogliere, fiori poetici che…
Come tutte le primavere son sempre stata sconsiderata. Ho incontrato il diavolo (ride). Poi, in primavera si butta via la roba.
Nella sua poesia Colori afferma: «La luce mi sospinge ma il colore/ m’attenua, predicando l’impotenza/del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre»…
La luce è l’ispirazione, il dolo …il colore è la realtà.
Luce e colore, anima e carne sono destinati a rimanere in antitesi per sempre?
A confondere l’uomo, a renderlo un peccatore, o se non un peccatore un mistico, uno dei due. Lo confondono, lo sbalordiscono. Può diventare tenebra la luce, lo diventa.
A riguardo Sant’Agostino diceva che l’arte è ‘ministra luxuriae’…
È un veicolo della lussuria.
E la poesia?
È un tram che si chiama desiderio, pure lei. Quindi sono due rotaie, che vanno; e quando s’incontrano è un disastro, o no?
<continua>