Non fatevi ingannare dal nome, in via Pianezza 123, proprio di fronte al monumento in acciaio spazzolato che riporta i giganteschi numeri 1706, il Castello di Lucento NON è un castello. Pochi torinesi lo conoscono per averlo visitato. Tutti le altre e gli altri magari ne hanno sentito parlare come antica residenza Savoia, facente parte della corona di gioielli da caccia incastonati ai piedi delle Alpi, nascosta tra fabbriche e anse della Dora. Che prima o poi avrebbero voluto visitare. Ma non l’hanno mai fatto perché per tanti anni è stato inaccessibile al pubblico.
Il Castello che non c’è
Il Castello di Lucento ha avuto un ruolo determinante nella storia di Torino, ed è simbolo delle trasformazioni della città. Noto come residenza di caccia del Duca Emanuele Filiberto di Savoia e punto strategico durante l’assedio di Torino del 1706 (se vi siete chiesti perché, nello spiazzo antistante i cancelli che danno accesso non solo al Castello ma anche alle sedi formative dell’API, risieda quel monumento in acciaio spazzolato ora lo sapete), da poco tempo è riaperto al pubblico grazie a una cinquantina di sponsor insistenti sul territorio torinese che l’hanno recuperato per dare una sede alla Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza.
Il suo obiettivo è creare un polo educativo e culturale rivolto ai più giovani, includendo anche quelli, diciamo, meno fortunati (sebbene l’analisi della parola “fortuna” intesa come “karma” in questi casi porterebbe ad approfondimenti inadatti qui, ma che potreste trovare sul blog Due ma non Due.) Per tutto il mese di giugno 2024 la Fondazione ha attivato un festival variegato e aperto a tutt3, AMMIRAFESTIVAL.
La time-line del Castello
1300 -1500 Le Origini. Menzionato per la prima volta nel 1335 in un documento ufficiale l’inizio del dominio della famiglia Beccuti, il “Palacio Luxenti” è dalla famiglia trasformato in un centro economico, per poi popolare la zona e realizzare un ricetto fortificato, le cui vestigia merlate sono evidenziate nella sala superiore.
Nel tardo Quattrocento viene costruito il Mulino Grande.
1500 – 1700 Dai Savoia all’Assedio di Torino. Estinta la famiglia Beccuti, il Castello di Lucento passa di proprietà in proprietà: Compagnia di Gesù, Emanuele Filiberto di Savoia, famiglia D’Este sua cognata, poi di nuovo ai Savoia con Cristina di Francia, ceduto quindi ai Tana d’Entracque. Trasformato in tenuta di caccia e vasta attività rurale tra XV e XVII secolo, con l’assedio di Torino nel 1706, il Castello torna a costituire un punto strategico per la popolazione.
1700 – 1900 Dalla produzione di seta all’ istruzione agricola. Lo sviluppo industriale si specializza grazie alla costruzione di un filatoio per la seta. Tra le “prime volte” di Torino (prima capitale d’Italia, primo parlamento, primo bicerin e via primeggiando), si annovera il primo caso di spionaggio industriale: qualcuno sottrae bachi da seta e tecnologia, già avanzatissima per l’epoca.
Nel 1834, il Castello di Lucento passa di mano in mano dando l’abbrivio alla decadenza della fortificazione. A fine Ottocento, da un certo Signor Bonafous (a Gloss viene subito in mente quel modo di dire piemontesissimo “Boiafaus”), viene fondato nel Castello di Lucento l’istituto Bonafous, sorta di scuola agraria.
Nella caffetteria Gloss chiacchiera volentieri con una signora gentile che sembra saperne tante, sul Castello. Si lamenta con lei del fatto che anche se si chiama Castello di Lucento, nella descrizione di volantini lasciati in giro per promuoverlo, sarebbe utile specificare che del castello è rimasto ben poco. «Be’ Napoleone Buonaparte, per far fede al proprio nome, ne ha distrutto… Bona ehm Parte!» Simpatica, anche se imprecisa. Napoleone nacque nel 1769! E il castello fu bombardato prima che nascesse. Ma almeno l’ha fatta sorridere.
1900 – 2010 Trasformazioni Industriali. A metà Novecento i terreni circostanti il Castello di Lucento sono acquisiti dalle Ferriere Piemontesi, dalla Fiat, dalla Teksid. Si succedono società del gruppo IRI, tra cui Finsider e Italsider fino alla IPI SpA. Si avvia per il Castello un decennio di inutilizzo.
2021 Una nuova Luce per il Castello di Lucento. Avendo ricevuto dalla proprietà il Castello in comodato d’uso, la Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza, ente no profit, il cui presidente è il giovane il Dr. Tommaso Varaldo , è avviato il progetto di riqualificazione con l’obiettivo di aprirlo alla comunità e renderlo sede di un nuovo polo attrattivo.
Oggi AIEF, attraverso il Castello di Lucento, realizza e sostiene progetti socio-educativi e culturali volti alla tutela e alla promozione dei diritti dei bambini, degli adolescenti e dei giovani. Il primo impegno di AIEF è promuovere una piena attuazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. La Fondazione è una delle prime in Italia a costituirsi con un patrimonio esclusivamente di opere d’arte contemporanea, quelle donate dall’artista Eugenio Bolley. Opere che sono lo strumento principale attraverso cui realizza e promuove parte delle progettualità.
2024 Organizzare un diciottesimo. I proventi di locazione degli spazi differenziati del Castello di Lucento sono reinvestiti per sostenere le attività sociali e solidali che la Fondazione AIEF realizza sul territorio. Inoltre, l’organizzazione degli eventi al Castello di Lucento è parte di un progetto realizzato dall’impresa sociale della Fondazione volta all‘inserimento lavorativo di persone con disabilità in ambito di feste e ristorazione (dai battesimi ai festeggiamenti di avvenuto… divorzio! )
La caffetteria MangiaNuvole ne è testimonianza, aperta tutti i giorni al pubblico all’interno degli spazi del Castello e nel fossato, luogo fresco per gli alti alberi che lo ombreggiano dove prendere un aperitivo comodamente seduti e sicuro per lasciare i bimbi in libertà perché circondato da mura. Un bel nome romantico per dare leggerezza a persone dal vissuto pesante.
Inoltre, nelle sale superiori, nel quadro di un Centro Diurno per ragazzi e ragazze con problemi di dipendenze o provenienza da famiglie disfunzionali, è stata allestita un’Accademia dei Sensi, volta alla loro ricreazione e al recupero della loro autostima. Anche e soprattutto grazie alla collaborazione di artisti visivi come Eugenio Bolley e artisti olfattivi come Xerjoff.
Eugenio Bolley, “outsider” dell’arte contemporanea, è pittore dai colori vibranti, dall’impronta più astratta che figurativa, nello stesso tempo modulare e asimmetrica. La sua arte rifiuta l’accostamento a esperienze dell’arte del Novecento. Amico di scrittori come Primo Levi e Mario Rigoni Stern e di fisici alla Tullio Regge, lavora nel suo studio di Bardonecchia. La sala d’accesso al Castello di Lucento è decorata da decine delle sue opere, donate alla Fondazione.
Sergio Momo, alias Xerjoff, naso estetico che cerca la contaminazione con gli altri sensi, legandosi in percorsi musicali, enogastronomici, artistico/culturali, ben sapendo che aromi e olî essenziali rivestono un ruolo fondante sia nella profana arte della seduzione che nei rituali liturgici, ha gestito la sala dell’olfatto. Si struttura su visual art che visualizzano le fragranze attraverso cieli stellati e scatole odorose appese ai quattro muri, da aprire senza paura e annusare senza fine.
I Palchi della Città di Torino
In definitiva, forse vale la pena di visitare comunque il Castello di Lucento. Non fosse altro che per gustare qualcosa di genuino in caffetteria aiutando a innalzare l’autostima di ragazzi disabili, per sognare il prossimo addio al nubilato, per visitare l’Accademia dei Sensi, e, d’estate, farsi rallegrare dai Palchi di Mirafiori. Gloss ama ricordare che la Cultura, così ben rappresentata al Castello di Lucento, salva dalle brutture.