L’Arte mi affama. Essendo appena uscita dal Museo del Cinema contenuto nella Mole, per un attimo mi sono fatta attrarre dagli sberluccicanti ristorantini acchiappaturisti nella stessa via. Un’occhiata alle svolazzanti tovagliette di carta dalla ineccepibile tristezza, che avrebbero intristito anche il portafoglio, mi induce a recarmi in quello che a detta di chiunque, dentro e fuori Torino, è il miglior ristorante della città, il Ristorante Del Cambio in piazza Carignano, di fronte alla sede del Parlamento Subalpino che poi divenne il primo Parlamento Italiano. Aperto nel 1757, il suo nome deriva dalle operazioni di cambio della moneta che si svolgevano all’epoca in quella piazza. Fa parte dell’associazione Locali storici d’Italia.
Non parlerò di ciò che ognuno sa già, non mi soffermerò a narrare la delizia del fassone marinato in pregiato vino bianco e aromi, prima di essere bollito e tagliato a fettine sottili e condito con la famosa salsa o della dote di maestria assoluta con cui lo chef sa combinare rabarbaro, fragola e mandorla. No.
Non parlerò di quanta storia sia passata su questi tavoli ai quali pare si siano alternati personaggi come Cavour, Balzac, Mozart, Puccini, Nietzsche, Verdi, fino agli Agnelli, a Maria Callas, alla Hepburn. Si, quella Hepburn.
Solo cucina e storia? No
Preferisco parlare dell’artista che a novant’anni va affermando di voler essere immortale OGGI e che ha progettato un ambiente “totale” composto da otto lastre specchianti il cui titolo è “Evento”. “I personaggi ritratti nelle lastre sono “persone normali della vita” che osservano un evento non manifesto e che entrano idealmente in comunicazione col pubblico presente nella sala, pubblico che diventa l’elemento dinamico dell’opera stessa.” Cit. il sito del Ristorante Del Cambio.
Quando mi accoglie il personale di sala, chiedo di farmi accomodare proprio lì a godermi lo spettacolo specchiante da spettatrice ed evento insieme. Trattasi infatti di sorta di balconata di persone che guardano insieme verso un’unica direzione, da lastre disposte sulle pareti della sala. Mettendosi al centro si può cogliere il tutto, che è lo spazio. Di fatto, l’opera circonda lo spazio. E gli avventori sono circondati dall’opera. L’opera evoca un evento che non c’è, ma che tutti stanno aspettando di rimirare. Ascoltate cosa dice l’artista stesso del suo lavoro.
Vale sempre la pena di fare un salto al SalTo
Ah sì, ormai l’avrete indovinato. L’artista è Michelangelo Pistoletto. Intervistato all’edizione 2024 del Salone del Libro di Torino, che per comodità chiamerò SalTo24, ha dichiarato di voler ricercare un equilibrio tra homo sapiens e homo technicus, tra empatia e tecnologia. “Anche perché avremo la possibilità di sopravvivere a noi stessi solo con l’homo technicus. Dobbiamo creare empatia, dinamica nel futuro, trovare l’immortalità nel nostro quotidiano.” Essere immortale oggi, per l’appunto.
“Il simbolo del Terzo Paradiso [da lui inventato, n.d.r.] comprende il positivo (energia/massa) e il negativo (spazio/tempo) e io che mi specchio sono il tramite, la sintesi, ovvero l’arte.” Dove realizzare meglio tale sintesi specchiata e specchiante trovandosi tutte e tutti nel contempo spettatori e protagonisti se non al Ristorante Del Cambio.
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