Laura Scrivani, orafa piacentina, viaggiatrice per passione e per esigenza di un’anima vagabonda e curiosa, vive in Kenya da 11 anni dove ha aperto un piccolo b&b in un villaggio dell’entroterra, perchè per scelta voleva stare lontana dai luoghi frequentati dal turismo di massa e ha sempre cercato di proporre un Kenya più autentico.
Laura ha 55 anni, di origini emiliane. I suoi genitori erano venditori ambulanti di fiori ed è cresciuta tra i mercati, ambiente che le ha permesso fin da piccolissima di stare sempre in mezzo alla gente. Avrebbe voluto proseguire il lavoro dei suoi genitori ma dopo la morte precoce di questi, poiché viveva vicino a Valenza, la città dell’oro, iniziò a occuparsi di oreficeria, attività che le ha permesso di guadagnare discretamente bene.
Laura è sempre stata tuttavia allergica agli orari e alle regole e dopo anni di lavoro in un ”bunker” per compensare ciò che le mancava, ha viaggiato molto oltre ad avere una vita abbastanza sregolata.
I suoi viaggi la portavano lontano e la sua idea era sempre però quella di andarsene per fuggire dai suoi dolori ma anche di cambiare la sua vita mettendosi alla prova.
Laura i tuoi viaggi come ti hanno portato in Kenya?
Ci sono arrivata per caso, per una classica vacanza in resort. ll posto mi ha colpito subito, la natura è spettacolare, i colori e le luce incredibili.
Fin da quel primo viaggio mi è subito scattato qualche cosa in testa.
Ho conosciuto diversi italiani che già vivevano qua, il Kenya un po’ ti frega e ti ammalia, inizialmente ti sembra tutto facile anche perché ci sono molti tuoi connazionali che già vi abitano da tempo.
Inizialmente avrei dovuto fare una società con una mia amica italiana e suo marito keniota per aprire in’agenzia per i safari ma poi le cose sono andate diversamente.
Nel frattempo ho conosciuto quello che poi è diventato mio marito qui in Kenya ma non è stato certo ciò che mi ha portato qui. Era fortissima in me la voglia di andarmene, Infatti ho mollato tutto anche prima del tempo e senza un vero e proprio piano
Cosa che non consiglio a nessuno di fare ma io nella mia vita sono sempre stata un po’ avventata, e comunque non mi è andata male
Raccontaci allora di come sei arrivata alla stregoneria ed il tuo impegno per gli anziani
Sono sempre stata molto curiosa per natura ed una appassionata di fotografia e perciò ho sempre cercato luoghi da fotografare e storie da ascoltare.
Già dal mio primo anno in Kenya sono venuta a conoscenza di questa strage degli anziani. Ogni tanto mi capitava di sentire di qualche anziano che veniva ucciso ma poi nessuno indagava o faceva nulla, in seguito scoprii che venivano uccisi perché accusati di stregoneria.
Qui l’argomento stregoneria è molto sentito, si praticano ancora tantissimo riti sciamanici e nei villaggi dell’entroterra molte persone preferiscono ancora andare dallo stregone piuttosto che dal medico, per stregone non intendo chi pratica magia nera anche se ci sono pure quelli.
Negli anni ho cercato di prendere informazioni ma era un argomento tabù per molti.
Ero a conoscenza di un’associazione nata come associazione culturale per la salvaguardia dell’etnia Mijikenda, etnia composta da nove tribù e tra queste ci sono i Giriama che sono i più numerosi presenti sulla costa, in seguito questa associazione diventò anche una vera ancora di salvezza per questi anziani.
Per una serie di coincidenze, Innanzitutto rimasi bloccata in Kenya durante la pandemia, mi venne chiesto di visitare proprio il centro dove venivano portati questi anziani scampati dalla morte.
E fosti supportata da qualcuno?
Seguì come referente di una ONLUS italiana il progetto di costruzione di capanne tradizionali che vennero donate a questo centro, poi nel 2022 dovetti tornare in Italia per lavoro poiché qui rimanemmo chiusi per più di due anni senza possibilità alcuna di lavoro.
Nei due anni trascorsi vicino a questi anziani mi feci raccontare le loro storie, imparai a conoscerli e loro impararono a conoscere me e soprattutto a fidarsi, avevano capito che non ero la solita straniera curiosa che magari cercava di sfruttare la loro immagine. Stando loro vicino mi resi conto dei loro tantissimi bisogni, cibo, cure mediche e perciò una volta in Italia decisi di creare una mia associazione che chiamai il villaggio delle storie, ispirandomi proprio a loro.
Quasi sempre le accuse di stregoneria sono una scusante, sono gli stessi familiari che vogliono far sparire i loro stessi genitori o nonni per impossessarsi dei loro terreni.
Cerchiamo di provvedere come possiamo ai loro bisogni primari in collaborazione con l’associazione culturale di Malindi che ha fondato il centro e da un anno ho iniziato anche a portare visitatori, non li chiamo turisti perché non la posso certo definire un’escursione. Lo scopo principale di queste visite è far conoscere questa realtà sconosciuta praticamente a tutti, la maggior parte dei turisti che viene in Kenya chiede di vedere orfanotrofi e scuole e anche qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte poiché ormai molti ci hanno costruito dei veri e propri business.
E il tuo sogno lo hai realizzato?
Qualche mese fa poi sono riuscita a realizzare un mio grandissimo desiderio, fare incontrare dei bambini agli anziani. Gli anziani sono una vera e propria biblioteca vivente e la loro cultura è solo orale e non scritta, purtroppo intorno a questo centro girano molte maldicenze e tante scuole si erano rifiutate poiché gli insegnanti stessi erano convinti fossero tutti stregoni.
Fortunatamente ho trovato il direttore di un orfanotrofio Mama Anakuja che ha accettato e siamo riusciti a fare incontrare i bambini con gli anziani ed è stata una giornata memorabile