Conosciamo Cristin Obber da molti anni , Laureata con lode in Scienze dell’educazione è scrittrice e giornalista esperta di stereotipi e violenza di genere, formatrice presso aziende e scuole.
Tra i suoi libri ricordiamo Primi baci e Balilla e Piccole Italiane (entrambi AF Editore, 2009 e 2010), Siria mon amour (Piemme, 2013), L’altra parte di me (Piemme, 2014), E io qui, nuda (Settenove, 2021), Era solo un selfie, (Piemme, 2022). Per l’infanzia W i nonni e Giro Girotondo (Settenove 2017 e 2019).
L’ultimo Ci vediamo in Chat è quello per il quale l’abbiamo intervistata.
Un romanzo per affrontare il tema dell’adescamento sessuale online. Cristina Obber ha una lunga esperienza nelle scuole medie e superiori per incontri di approfondimento sul tema degli stereotipi e della violenza di genere, con attenzione alle nuove forme di violenza nel digitale. Nel mondo della scuola svolge anche attività di formazione e consulenza per insegnanti e dirigenti.
Quest’ultimo libro è rivolto ai giovani che adoperano e parlano attraverso le tecnologie.
Perché hai deciso di scrivere questo libro? Tue esperienze nelle scuole?
Ho scritto questo libro perché non ho potuto farne a meno. Ho avuto la possibilità di ascoltare adescatori in carcere e fuori dal carcere, comprendere come fanno, quanti sono, chi sono. Ogni volta immaginavo dall altra parte ragazze e ragazzi, anche molto piccoli. Ho sentito il bisogno di dare loro la possibilità di difendersi, di riconoscere un adescatore prima di sentirsi perduti.
Hai trovato le giovani donne spesso sguarnite di difese?
Siamo tutte e tutti sprovvisti di difese; l’adescamento è un fenomeno complesso e le tecniche manipolative sono subdole e spietate. Le ragazze sono le maggiori vittime come accade per le altre forme di violenza sessuale perché gli uomini non smettono di essere violenti.
Si fidano più dei rapporti virtuali più che dei consigli degli adulti?
Il confine tra virtuale e reale è sempre più sfumato, online possono nascere anche amicizie e rapporti autentici, rispettosi e costruttivi. Noi adulti più che dare consigli dovremmo farci esempio, ma sul navigare in rete mi pare abbiamo poco da insegnare ai nostri figli. Spesso siamo proprio noi ad esporli senza la dovuta attenzione e tutela.
L’educazione digitale dovrebbe riguardare tutti noi.
Perché cercano amicizie virtuali (come racconti nel tuo prezioso libro) invece che personali ?
Perché la rete è uno spazio come altri e cercare amici, relazioni è un desiderio auspicabile, più che legittimo. È la violenza a non esserlo.
Ci vediamo in chat è un testo formativo alla fine?
Ho sperimentato la forza della narrativa con gli altri libri che vengono utilizzati nelle scuole per aprire alla riflessione sui tanti temi. Immedesimarsi nei personaggi di una storia, vivere le loro emozioni, le sconfitte e le rinascite, vale più di tante raccomandazioni dei genitori, il più delle volte inutili. Ci vediamo in chat è uscito da due mesi ed e già in ristampa proprio grazie a tanti insegnanti che ne stanno proponendo la lettura in classe.
E sono felice che anche gli adulti lo stiano apprezzando, sto ricevendo dei messaggi bellissimi. Quando a cinquant’anni piangi con Anna Chiara, la protagonista, significa che riconosci in lei la ragazza che sei stata, e questo crea un ponte prezioso tra generazioni.
Cosa possono fare i genitori se sono spiazzati e superati dalle tecnologie?
Possono mettersi in discussione e in ascolto. Proibire serve ben poco, anzi, alza il muro.
Che risposte hai nelle scuole dove lo presenti?
Le scuole lo stanno leggendo in queste settimane, il primo incontro con gli studenti lo farò il 22 novembre in un liceo di Rimini.
Non vedo l’ora.