Alain Badiou
Lo splendore del neroFilosofia di un non-colore
Ponte alle Grazie, Milano 2018
Mi interesso di colori da anni, e ho letto molto sull’argomento (tutto è impossibile), ho anche scritto un saggio*, ma non conoscevo Lo splendore del nero. L’ho scoperto nel laboratorio di un’amica che fa stampe d’arte e conosce gli inchiostri. Visto da lei e subito ordinato in libreria.
Ma non mi aspettavo tutto questo splendore.
I filosofi di solito mi irritano. Qualcuno parla in modo incantevole, poi leggo un suo libro e mi cadono le braccia. Molti parlano e scrivono complicato, e si accaniscono su temi astrusi, che interessano a pochi specialisti. Altri indagano su questioni che potrebbero essere coinvolgenti, ma usano un linguaggio che respinge, che scoraggia.
Invece Alain Badiou, sul nero, scrive cose così belle e semplici che lo leggo piano, come si leggono i bei libri di poesia. Due o tre capitoli brevi per volta. Sapendo che lo rileggerò, proprio come si fa con la poesia.
Sarebbe un peccato leggerlo tutto d’un fiato: anche se sono poche pagine, anzi proprio perché sono poche pagine dense e chiare, bisogna andare con calma.
Badiou è francese, e i suoi esempi nascono da quella lingua e dalla sua cultura. Parla del nero della sua infanzia lontana, del nero che è buio (in francese noir), di quello della scrittura, del rock, degli artisti, del lutto, del cosmo. Di piante, animali e uomini.
Ma parla proprio con me, con la persona che legge, non sta parlando “alto” per quattro colleghi filosofi e i loro studenti: sta raccontando tutti gli aspetti del nero a chiunque abbia voglia di ascoltare. Con parole perfette, ma nello stesso tempo quotidiane, esamina le macchie di inchiostro sulle dita e i concetti più profondi con la stessa rigorosa semplicità.
Carla Della Beffa
* Se dico rosso, BookTime-La Vita Felice, Milano 2023