Abbiamo intervistato Paola Lanfranco, psicologa psicomotricista, da circa un ventennio impegnata in percorsi di consapevolezza del femminile, per il libro da lei scritto Il Coraggio di un sorriso ed abbiamo voluto approfondire maggiormente il suo rapporto con il femminismo e le donne d’oggi. Paola suggerisce che invece di urlare lo sdegno contro il patriarcato ancora oggi esistente di provare a tracciare un nuovo pensiero con il potere delle energie tipiche del femminile dotate di grande creatività.
Pensi che il femminismo, che ha portato maggiori diritti per le donne, sia passato o sostenuto da una maggiore fiducia in sé stesse?
Certamente, la prima donna che ha rivendicato i diritti delle donne è Mary Wollstonecraft che, nel lontano 1792, nel libro “Emancipazione delle donne” scriveva “è ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne – è ora di restituire loro la dignità perduta – e di far sì che esse, in quanto parte della specie, operino, riformando sé stesse, per riformare il mondo”.
Le sue parole potrebbero essere considerate come un manifesto che rivendica un riconoscimento e questo, sicuramente, è potuto accadere perché il malessere della Wollstonecraft era condiviso da molte altre. Se i movimenti femministi hanno raggiunto un pubblico così vasto e un’adesione globale è proprio perché hanno reso visibile l’impercettibile, ovvero: la frustrazione di non poter godere del libero arbitrio.
Il disagio, infatti, può emergere nel momento in cui si acquista maggiore consapevolezza e fiducia nel proprio potere. Questa operazione si attiva solamente quando iniziamo ad interrogarci sulle situazioni che non possono più essere sopportate o tollerate. Quindi sì, sono convinta che il femminismo sia potuto emergere grazie ad una maggiore e migliore fiducia nel proprio potere personale.
Le donne d’oggi sono più forti di un tempo nel tracciare una via diversa al successo ispirato dal mondo maschile?
Sicuramente questa è una domanda molto interessante, che, allo stesso tempo, richiederebbe una risposta prolissa. Quindi mi limiterò a rispondere per ampi costrutti. Un’analisi attenta richiederebbe un dibattito di molte ore o una scrittura di un tratto di sociologia. Mi limiterò a rispondere con un’idea generale, sperando di riuscire a toccare, almeno, i punti principali.
Credo che parte dell’emancipazione femminile sia passata attraverso una mascolinizzazione delle donne. Questa affermazione potrebbe sembrare dai toni forti e provocatori, ma non è assolutamente questa la mia intenzione. La mia idea trae origine dal desiderio, sacrosanto, delle donne di ottenere un riconoscimento che le ponesse in una posizione di eguaglianza. Hanno contestato la società che le relegava a posizioni di secondo piano e ingabbiate in ruoli di subordinazione ad un mondo patriarcale.
I movimenti femministi si sono mossi per contrastare tale modello e, non avendo un modello pronto a cui far riferimento, hanno aderito, in qualche modo, a quel modello. Non sto affermando che le azioni compiute siano state sbagliate, anzi è grazie ai movimenti femministi che la realtà odierna è differente. Ora è giunto il momento, però, di deporre simbolicamente le armi, riscoprire alcune caratteristiche tipiche dell’energia femminile per dipingere una tela dove la trama deve essere la capacità di creare comunicazioni autentiche che, non necessariamente, passano attraverso la contrapposizione e la supremazia.
Le nostre antenate hanno lottato per ottenere un riconoscimento nella società, ora non deludiamo le loro aspettative e dimostriamo, in primis a noi a stesse, e poi a chi ci circonda, che siamo in grado di creare arazzi meravigliosi.
La donna d’oggi dovrebbe rispecchiare altri modelli?
Certamente. Si legge spesso di contrastare il fenomeno del maschilismo introiettato, si condanna la società patriarcale, ma poco si conosce su modelli societari che potrebbero portare ad un’eguaglianza fra le persone. Forse la riflessione per creare una società migliore andrebbe spostata partendo da un altro punto di vista: cambiando le domande.
Anziché domandarsi come opporsi al patriarcato, perché non domandarsi “con le risorse che ho, cosa posso fare per ottenere il cambiamento?” Se provassimo ad immaginare delle soluzioni, eludendo dalle nostre scelte il contrasto, cosa ci verrebbe in mente? Sono convinta che rispolverare le energie tipiche del femminile possa esserci d’aiuto. Queste energie sono: l’ascolto, l’accoglienza e la condivisione.
Mettere in pratica quotidianamente queste doti porterebbe un cambiamento nell’atteggiamento verso noi stessi e gli atri. La struttura mentale, per nostra fortuna, non è rigida ed è in grado di apprendere lungo l’intero arco della nostra vita. Imparando ad ascoltare i nostri bisogni intimi, i nostri desideri promuoviamo il processo introspettivo.
Accogliendo i nostri bisogni impariamo ad accogliere anche i bisogni del nostro prossimo e attiviamo la capacità di ascolto e condivisione. Viviamo in un mondo di stereotipi che ci hanno ingabbiate in ruoli e situazioni che non sentiamo in linea con le nostre anime. Perché anziché urlare il nostro sdegno non proviamo a tracciare un nuovo sentiero? Il potere delle energie femminili è dotato di creatività, perché non utilizzarla? Ci opponiamo al messaggio patriarcale, ma realmente siamo sicure che il solo modo che abbiamo per superarlo sia lo scontro? Iniziamo a costruire ponti, anziché muri. Il mondo è pieno di persone che hanno il desiderio di migliorarlo, perché non stringere legami autentici con loro? Perché il nostro pensiero deve sempre portarci a osservare ciò che non funziona, che fa schifo e non andiamo alla ricerca di realtà positive?
Le donne di cui racconti ritrovando sé stesse tracciano una nuova strada per l’umanità tutta?
Peccherei di onnipotenza se rispondessi affermativamente. Sicuramente le eroine silenti hanno trovato una via creativa per uscire dal loro torpore, dal loro dolore o dal loro disagio. Potranno essere d’ispirazione ad altre persone che leggeranno i loro vissuti e le loro esperienze potranno attivare la creatività del lettore. Sono convinta che chiunque attivi soluzioni interessanti e pacifiche, per risolvere questioni complesse, sia degno di attirare la nostra attenzione e possa essere uno spunto per accendere la nostra scintilla personale.
Nel tuo libro ci sono le storie dolenti di donne che sono riuscite a rinascere?
Nel libro tutte le storie partono da un evento traumatico o da una situazione di malessere psicologico, è interessante seguire i tormenti psichici che hanno condotto queste donne alla rinascita. La loro strada non è ancora conclusa, ma ognuna ha lasciato l’arido campo già arato, per andare alla ricerca di un nuovo campo da coltivare. Qualcuna è partita con molti attrezzi, altre no, ma tutte hanno lasciato il campo arido e sono partite alla ricerca di nuovi spazi da arare per nuovi raccolti.