Come andare incontro ai figli: crisi e confusione di identità
di Daniela Guarino
Il termine “crisi” designa in medicina la condizione e la causa della risoluzione del male ( ad es. la febbre interviene a scacciare la malattia) e in psicologia non si è lontani da tale concezione quando si parla di “crisi adolescenziale” tipica fase di qualsiasi adolescenza normale.
Quello dell’adolescenza è un tempo, un passaggio evolutivo caratterizzato da cambiamenti sia in riferimento al proprio corpo sia al rapportarsi con gli altri. I cambiamenti puberali attivano nel corpo i più svariati e repentini cambiamenti: la maturazione del corpo, la comparsa dei caratteri sessuali secondari determinano un nuovo modo di rapportarsi dell’adolescente non solo con se stesso ma anche con gli altri ed incide fortemente nel suo modo di entrare nel mondo degli adulti. La “crisi puberale” propriamente detta, quindi ha inizio per entrambi i sessi verso i 10-11 anni e termina intorno ai 15-16.
Iniziano i primi dubbi sulla propria “identità sociale”: il corpo è ancora in continuo mutamento e ciò determina insicurezza e lunghe soste davanti allo specchio. L’aspetto sociale è caratterizzato solitamente da un atteggiamento oppositivo verso i genitori, la tendenza all’isolamento, la propensione a fare qualcosa di eccezionale, unico, originale e che possa sconvolgere gli altri.
La “confusione di identità” termine coniato per la prima volta da Erikson (1968) descrive proprio i disturbi osservati nei giovani che appaiono incapaci di “abbracciare la strada offerta loro dalla società” e che appaiono disorientati di fronte ad esperienze di vita che richiedono un impegno, sia di natura affettiva sia professionale. Questo processo relativo all’elaborazione personale nel tentativo di cercare un rapporto quanto più equilibrato e differenziato tra sé e il mondo circostante, dura a lungo; soprattutto nella società occidentale il periodo adolescenziale si è molto dilatato nel tempo e compiti evolutivi che in passato venivano affrontati prima (come la ricerca di un’occupazione o la costruzione di una propria famiglia) oggi vengono posticipati a causa anche del forte disorientamento derivato dalle difficoltà economiche.
Cosa devono dunque fare i genitori e come devono porsi nei confronti dei loro figli adolescenti? E’ chiaro che non esiste una regola né tantomeno una risposta definitiva e universale. Sarebbe utile (per quanto difficile) porsi in una condizione di ascolto attivo, non giudicante e cercando di attivare spunti di riflessione. Di fronte ad un figlio che a distanza di diversi mesi non riesce a dare esami all’università o che continua a prendere brutti voti a scuola, mostrare un atteggiamento rigido e autoritario causerebbe una maggiore chiusura e opposizione nel comportamento del giovane oltre che la nascita di sensi di colpa e sentimenti di inadeguatezza. Sentire invece vicinanza emotiva da parte del genitore preoccupato e comprensione per il suo momento di difficoltà potrebbero aiutarlo a superare quel blocco.
Parlare con i propri figli e ascoltarli su quanto sta accadendo nel “qui ed ora” è funzionale anche al riattivare capacità di riflessione su cosa si sta facendo e su cosa potrebbe essere fatto insieme.
Daniela Guarino, laureata in Psicologia dell’età evolutiva presso la Seconda Università di Napoli. Tuttora iscritta al Corso quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica per bambini, genitori e adolescenti (A.I.P.P.I) di Roma. Lavora come insegnante elementare e come Psicologa infantile. Lavorare con i bambini e gli adolescenti è il suo sogno ….diventato realtà!