di Iaia Caputo
HO LETTO L’ELENCO DEGLI OSPITI. SEMBRA QUELLO DI UNA SQUADRA DI CALCIO. NON è CHE I NOSTRI EROI MEDIATICI, FAZIO&SAVIANO, SONO EROI DEMOCRATICI QUANTO MISOGINI?
L’Italia democratica è in attesa spasmodica della prima puntata di Quello che (non) ho. L’Italia democratica non necessariamente ama le donne, anzi, talvolta risulta misogina. Ne avevamo avuto ampia prova, dell’Italia insieme democratica e misogina, con Vieni via con me dello scorso anno: eravamo in pieno regime berlusconiano, il programma andava in onda sulla terza rete. Questa volta, nel Paese dei Professori siamo la vedremo su La Sette, ma i nostri eroi sono ancora Fazio&Saviano, gli autori di nuovo Francesco Piccolo e Michele Serra.
Immaginiamo molte e straordinarie sorprese, tuttavia quel che già conosciamo è l’elenco degli ospiti: Avati, Favino, Lerner, Travaglio, Rossi, Rea, De Luca, i Liftiba, che non sono i componenti di una squadra di calcio, ma autorevolissimi scrittori, giornalisti, intellettuali, e anche musicisti, attori e registi. La monosessualità dell’ambiente balza agli occhi: evidentemente, alle tanti brillanti menti che hanno lavorato all’ideazione del programma non è giunto il nome di una donna altrettanto interessante, famosa, brillante e garante di share a due cifre.
Mi correggo: ci saranno la Littizzetto, la quale, ha spiegato alla Gruber Fabio Fazio, testualmente, “ha il compito di alleggerire”, e la brava Alice che, naturalmente, canta, e basta.
Nel Silenzio degli uomini avevo scritto.
Guardo e riguardo nella moviola della memoria quella che certamente è stata, anche, una trasmissione televisiva, ma che ha significato nell’immaginario di milioni di spettatori, per il particolare momento storico, politico e civile che attraversavamo, un vero e proprio evento. Intessuta allo steso modo d’epica e di misoginia. Tanto che non posso fare a meno di domandarmi se i due aspetti non siano inestricabili, necessari l’uno all’altro.
«Vieni via con me» era, nelle intenzioni degli autori, tutti uomini naturalmente, la discesa in campo dei migliori, una parata di intelligenze, di saperi, di sensibilità, di esempi di civiltà. Nello iato ormai esistente tra due Italie, due nazioni, due visioni del mondo, tra contrapposti modi di intendere l’etica e la polis, doveva fornire il racconto della parte migliore. Va da sé che un simile programma avesse bisogno di eroi. Fatale, che nell’acuirsi drammatico di uno scontro antropologico di questa portata si ricorresse all’epica: allora lo studio televisivo diventa un’arena, e gli ospiti, i guerrieri più valorosi di quello schieramento.
Così, nella prima e nella seconda puntata di «Vieni via con me» si respirava un’atmosfera festosamente testosteronica da bordo-ring. Nel programma-agone sono scesi gli eroi, quelli buoni, quelli che stavano dalla parte giusta. Sono pronti a battersi per ottime ragioni, ragioni che noi condividiamo. Entrano ed escono star di prima grandezza: Saviano e Benigni, Fazio e Abbado, Englaro e Don Gallo si abbracciano e si baciano, si incoraggiano vicendevolmente con cameratesche pacche sulle spalle. Gli atteggiamenti sono quelli di uno spogliatoio, di un campo da gioco. Gioco maschio, appunto. Fatica e sudore sono le stigmate di qualunque eroe, e nostri eroi mediatici alla fine di ogni esibizione mostrano fronti imperlate e camicie zuppe.
Bisogna attendere la terza settimana perché vengano finalmente invitate due donne pubbliche, Emma Bonino e Susanna Camusso. Prima di loro, le uniche presenze femminili chiamate a leggere i famosi elenchi rappresentano la cosiddetta «gente comune»: una disoccupata, una giovane studentessa, una suora (a sinistra si è sviluppata un contagioso innamoramento per le monache).
A nessuno degli autori passa neppure per la testa che il brutto Paese contro i cui mali si battono e si spendono ha raggiunto questi livelli di ineguagliabile scempio anche perché ha escluso le donne. E così, nei loro gesti di coraggio, nelle battaglie che conducono non è previsto neppure un pensiero per questa assenza, che invece riproducono tal quale, o un cavalleresco gesto di riparazione che colmi il vuoto.
Nell’inasprimento della battaglia ideologica si rinserrano le file, gli eserciti contrapposti si danno battaglia. Si torna alla guerra e alle sue infinite metafore. Cosa c’entrano le donne con tutto questo? Sono in buona fede, gli eroi. Bastano a se stessi.
Spero con tutto il cuore di non dover fare un copia e incolla domani, dopo aver guardato la prima puntata di Quello che (non) ho.
” sul diario di Se non ora quando
1 commento
Leggo sconsolata.. E spero anch’io. Ma solo perche’ non riesco a perdere il vizio. Giuro, ho provato a smettere di sperare, ma non ho trovato cure sostitutive… Che so, qualche “certezzina” che per le donne – in TV ma non solo – vada meglio di cosi’?