Non è un libro contro gli asili, ma per la libertà di scegliere. Dedicato alle mamme e ai responsabii risorse umane lungimiranti.
Quando ho avuto in mano questo libro, mi sono detta: “Ma come si fa a parlare contro gli asili nido? Sono la panacea di molte mamme e famiglie!” Dol’s stessa aveva a lungo indagato all’esordio dei primi asili nido aziendali, trovandoli una buona risposta alle necessità delle famiglie e delle mamme lavoratrici.
Va da sè che ho letto con riluttanza il testo, ma sono stata presa quasi subito dal ritmo della lettura, dalla sua concretezza e mancanza di tecnicismi. Un libro volto a trovare delle soluzioni oltre che a lamentare i difetti delle strutture e organizzazioni esistenti.
Allora ho pensato che la cosa migliore era far parlare l’autrice stessa e chiedere a lei di spiegare le motivazioni che l’avevano indotta a scrivere questo testo.
Paola Liberace è nata a Formia nel 1975, vive ora a Roma e ha due figli. Si è laureata in Filosofia del linguaggio presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dedicandosi alla comunicazione come ricercatrice, giornalista e professionista. A Milano ha collaborato con Mediaset (per cui ha pubblicato il volume “Narratività, il pensiero raccontato”), scrive per Il Sole 24 ore per cui tiene alcuni blog e collabora con diverse testate giornalistiche online. Lavora nel marketing di una grande azienda di telecomunicazioni come Product&Content Manager. Ha diretto la Fondazione Ideazione.
Perchè hai scritto il libro Conto gli asili nido?
Perchè partendo dalla mia esperienza di madre sola, in una città grande come Roma, senza reti familiari di supporto, mi sono resa conto che le mie esigenze di rimanere accanto ai figli e di continuare a lavorare non venivano asoltate dall’azienda per cui lavoravo.
Dopo aver preso tutta l’aspettativa possibile, ho chiesto il part-time. Ma questa esigenza che rimane inascoltata , tra l’altro, a causa del mio alto livello inquadramentale.
Cosa ti saresti aspettata?
Che in un’azienda operante in un settore tecnologico avanzato come quella in cui lavoravo fosse possibile trovare delle altre soluzioni che non richiedessero la mia presenza reale costante.
Per esempio la delocalizzazione della mia attività, supportata magari da un collegamento in remoto, che mi avrebbe permesso di continuare a fare il mio lavoro senza abbandonare i figli in asilo per tutta la giornata. Insomma, mi sarei aspettata una maggiore flessibilità.
Da ciò nasce la tua idea di scrivere il libro?
Sì, soprattutto quando sono rimasta incinta del secondo figlio. Ed è stata in questa occasione che ho pensato di scrivere questo libro. Il titolo del libro nasce dalla risposta che da più parti mi è stata opposta quando ho presentato le mie difficoltà: “Beh, però ci sono gli asili nido”. Come se abbandonare tuo figlio, anche se in buone mani, per tutta la giornata fosse la soluzione. Capiamoci: i miei figli frequentano un ottimo nido privato, ma non per tutta la giornata: pur di evitarlo abbiamo chiesto ai nonni di trasferirsi vicino a noi, e devo dirti che è stato più facile muovere due nonni da ottocento chilometri piuttosto che convincere un’azienda. Tuttora io cerco comunque di stare con i miei bambini più che posso, senza aver smesso di lavorare.
Ora i miei figli li lascio all’asilo (privato) ma solo tre ore al giorno. Ho grosse difficoltà di lasciare un bambino tutto il giorno al nido. I bambini dovrebbero stare con i genitori.
Ma i genitori non lavorano?
Ma come lavorano? In aziende con strutture non adatte a madri lavoratrici, con orari ed organizzazioni poco flessibili, in cui la presenza è ancora più importante della qualità del lavoro.
Ma per chi non vuole seguire questa strada, non esiste una soluzione diversa. E’ un aut aut, o lavori o ti occupi dei figli. Io invece vorrei poter lavorare ma non abbandonare i miei figli. A volerle perseguire altre strade ci sarebbero…Basta volerlo veramente.
Il libro è nato per dare voce a tutte quelle donne, ai genitori che la pensavano come me. Questo libro non è contro gli asili nido, ma contro l’impossibilità di scegliere . Affidando figli a terzi per poter lavorare. E’ questo che contesto.
Cosa proponi?
Ci sono al giorno d’oggi molte opportunità di strutturare diversamente il lavoro, almeno in alcuni settori: part-time. Job sharing, telelavoro.etc… Bisogna solo vedere se tutte queste cose si vogliono veramente fare.
Credo che non si vogliano realizzare altre tipologie di lavoro, perché la struttura del mercato del lavoro in Italia è vecchia.
A chi consiglieresti il tuo libro?
Al maggior numero possibile di donne, perché sono loro che avvertono i problemi , ma soprattutto ai responsabili delle risorse umane. Il 4 maggio, infatti, lo presenterò al direttore HR di Basf Italia . A Roma l’ho presentato anche all’interno della cerchia delle cariche istituzionali. Gli interventi devono venire da tutte le parti per aver successo. Di iniziative ne stanno nascendo molte, ma di strada ce ne è ancora molta da fare.
1 commento
Capisco che partendo dalla posizione di madre sola l’autrice pensi in primo luogo alle donne sole e con figli, ma credo che la questione andrebbe posta diversamente. Il part time, la flessibilità, la possibilità di lavorare in remoto (per taluni lavori, ovviamente, non per tutti) dovrebbe riguardare madri e padri. Insistere sempre sul tasto di ciò di cui hanno bisogno le madri e solo loro può divenire un condizionamento regressivo e dunque deviante rispetto a ciò che sarebbe auspicabile. Tutto sommato, bisognerà che ci si decida: o gli uomini fanno parte a tutti gli effetti della famiglia e pertanto anche il tempo da dedicare ai figli va EQUAMENTE condiviso (con le conseguenze che ne derivano anche per il loro lavoro), o di uomini in una famiglia non ce n’è assolutamente bisogno. In tal caso non necessita nemmeno il doppio cognome, di cui io sono strenua fautrice: il solo cognome materno è sufficiente.
Detto questo, mi riprometto di leggere il libro: per esser certa che almeno qualcosa di ciò che io sto evidenziando qui non sia presente, cosa che renderebbe superflua ogni mia osservazione.