Che cosa pensano le donne?
Questa domanda spontanea è sorta di fronte al deserto di donne, in questo caso euro-latinoamericane, nella vita politica nazionale ed internazionale, nell’economia e perfino in ambito sociale.
Le donne abbondano nelle attività dove c’è molta passione e, in equivalenza, poco reddito, cosa che si fa più acuta nell’attuale Europa in crisi. Perché? Forse non sono capaci di generare un reddito? Devono appoggiasi sempre in un uomo per esistere economicamente, per mantenere il proprio posto di lavoro? O essere figlie di una famiglia che ha permesso loro di inserirsi in modo indolore nelle proprie imprese? Domande alla quali il Foro EuroLatinoamericano della Donna, spera di trovare una risposta.
In più di 50 anni di relazioni bi-regionali, nei quali sono stati firmati accordi politici, di cooperazione, commercio, associazione, nel corso di sei vertici presidenziali: Rio de Janeiro 1999; Madrid 2002; Messico 2004; Vienna 2006; Lima 2008 e l’ultima, Madrid 2010. In queste Dichiarazioni, le donne sono un elemento passivo, di protezione, accomunate ai gruppi minoritari.
Per capire questa passività, ricorriamo ai numeri che spiegano molte cose. Nell’Indice dello Sviluppo Umano, nel capitolo dedicato alla disuguaglianza di genere, notiamo che l’America Latina non ha politiche pubbliche in favore delle donne. Questo indice è formato dal tasso di mortalità materna, tasso di fecondità delle adolescenti, seggi in parlamento, conclusione di studi secondari, partecipazione alla vita economica, uso di anticoncezionali, copertura prenatale assistita e parti assistiti da personale sanitario specializzato.
Su un totale di 169 paesi, il Guatemala occupa il 109° posto; segue l’ Honduras 105°, fino ad arrivare dal Cile nel posto 68°. Nell’Unione europea, l’Italia e il Belgio sono al 5° posto. L’America Latina ha un tasso di fecondità delle adolescenti nel quale al primo posto si trova il Guatemala, seguono Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Perù fino ad arrivare al migliore posto latinoamericano occupato dal Cile. In ambito europeo i Paesi Bassi si trovano nella migliore posizione, seguiti dall’ Italia.
La percentuale di donne che terminano l’educazione superiore in America Latina, in Cile è del 67,3%, seguono: Argentina, Panama, Perù, Uruguay fino ad arrivare al Guatemala col 15,5%. I Paesi Bassi contano sull’ 86,3%, seguono: Belgio 75,7% e Italia col 67,8%. Relativamente alla partecipazione delle donne nell’economia, in America Latina, il leader è il Brasile col 60,1%, segue il Perù 58,2%, questa percentuale supera quella dell’istruzione superiore. Nell’Unione europea la partecipazione nell’economia è minore della percentuale di istruzione, in Italia il 60,6% delle donne è attivo nel mondo del lavoro, in Belgio il 60,8% e nei paesi Bassi il 72,9%.
Se la carenza di politiche pubbliche costituisce un importante intoppo per la partecipazione delle donne nell’economia e nella politica, sia per gravidanze premature che significa escluderle dall’educazione, dalla formazione e dal lavoro qualificato, tutto questo è stato praticamente risolto nell’Unione europea, tuttavia, la partecipazione della donna europea alla vita economica e politica è ridotta e molto faticosa. L’Italia ha il 20,3% di rappresentanza femminile nel Parlamento, il Belgio il 38,5%, i Paesi Bassi il 37,8%. Il Costa Rica è primo in America latina la partecipazione politica col 38,6%, seguito da Argentina 37,8%, Perù 27,5%, fino ad arrivare al Brasile con il 9,5% e Panama 8,5 %.
C’è qualcosa più che numeri ed indici, specialmente in Italia, qualcosa si è rotto in questa società, nella coesione tra uomini e donne per lavorare insieme e costruire insieme una società sviluppata. Quella coesione deve essere restaurata, così come la fiducia tra le stesse donne.
In questo senso, a Roma, nella bella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ci riuniamo per trattare differenti temi in comune tra l’Unione europea ed America latina, scambiare idee per lavorare insieme: uomini e donne, riattivare l’economia guardando verso le economie latinoamericane, la ricerca, l’alta formazione, la comunicazione al servizio dell’innovazione nell’impresa e della nuova economia; gli accordi CELAC-UE ed gli apporti degli organismi internazionali.
Un lavoro iniziato nel maggio 2010 nella Commissione Sociale dell’Assemblea Parlamentare EUROLAT che ha permesso di elaborare le proposte che presenteremo al vertice CELAC-UE di Santiago del Cile, dimostrando che le donne non sono passive, che non siamo minoranze che desideriamo essere protagoniste ed essere considerate, soprattutto che desideriamo costruire una società bi-regionale, dove ogni giorno si sente di più la nostra assenza, ma sempre di fianco agli uomini.
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