Autore: Daniela Tuscano

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Daniela Tuscano, docente di italiano e storia all'IIS «Enrico De Nicola» di Sesto San Giovanni (MI), esponente di Radfem Nord Italia e del gruppo I-Dee, si occupa di storia delle donne, di arte e scrittura nonché di dialogo interreligioso. Organizza incontri interculturali nelle scuole e presso varie associazioni. È autrice di volumi di prosa e saggistica, tra cui ricordiamo: «Femmine e preti non sono poeti» (con Madre Maria Vittoria Longhitano) e «Maternità surrogata, utero in affitto e gravidanza

«È un suicidio», «Povere donne imbacuccate», «Avrà grossi guai meschina». Questi i primi commenti alla notizia della studentessa iraniana spogliatasi per protesta dopo l’ennesima rampogna sul velo «non a norma» da parte degli arcigni tutori maschi della moralità e della virtù (?). Poverina, diciamo noi. Tutto qui? Quale differenza con gli elogi sperticati rivolti a star e starlette occidentali che, col pretesto dell’«autodeterminazione» (qualcuna addirittura del «femminismo»), si esibiscono in performance al limite del pornografico. Corpi, questi ultimi, che definiremmo sintetici. Carne plasticata, ad uso del piacere maschile. Essere oggetti rende libere? Il corpo della ragazza persiana è, invece, vero.…

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Noi donne l’abbiamo sempre saputo, chi è Filippo Turetta. Lo sappiamo, quando afferma che «non poteva vivere senza di lei», senza Giulia che non nomina mai. Lei. Perché è «lei» che non si riesce a tollerare libera, lei, non tanto e solo Giulia, ma Giulia in quanto donna. «Lui» non poteva vivere, ma «lui» è ancora vivo. «Lui», che non ce la faceva, si è però ben guardato dal sopprimere sé stesso. Non poteva vivere ma ha eliminato «lei», che invece di vivere aveva il gusto e l’intenzione. Lui che non tollerava la mancanza d’un «rapporto». Ma quale rapporto? Gli…

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Ora che le esequie del dottor Sammy Basso si sono concluse, ora che intorno al giovane Sammy cala il silenzio, non il silenzio istintivo delle creature naturali, ma il silenzio silente del mondo umano, quello che medita a volte prega e più spesso s’adatta, ora si apre un grande mare, un oceano di luce e cori, che non riusciamo a contenere. Ognuno ha da dire qualcosa a Sammy, parlare al dottor Basso come fosse suo, ed è urgente, talvolta irrinunciabile. Lo dicono «scrivano», attivista, «personaggio pubblico», qualcuno biologo – come era – o ricercatore – come era -. Il «piú…

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Credo di essere stata un po’ innamorata di Lea Pericoli, da bambina. Era l’opposto di me, biondissima, aggraziata ma non leziosa, pareva non toccar mai terra. Le avevano disegnato una gonna con piume di cigno, che indossava con spontaneità non umana. Quella che vedevo era un vero uccello, forse per questo mi piaceva tanto. Avevo pure cominciato a prendere lezioni di tennis: col mio amatissimo gonnellino plissettato mi sentivo un po’ lei. L’angelo capovolto fu il giusto titolo del suo ultimo libro. Qualunque cosa intendesse, restava impagabile la sua torsione berniniana, che sfidava le leggi di gravità. Era una milanese…

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Si chiamava Rebecca, come la matriarca biblica. Come Rebecca aveva due figli, come lei era forte, determinata, vincente. Sì, la Rebecca attuale era una campionessa. Non proveniva dalla Mesopotamia ma dall’Uganda, di cognome faceva Cheptegei. Aveva collezionato tre medaglie, fra cui una d’oro, nel mezzofondo e nella maratona. Perché Rebecca amava correre. «È stata la sua passione fin da bambina», racconta ora il padre, che la descrive estroversa e generosa. La immaginiamo, Rebecca, col suo nervoso corpo di fatica, libera e pugnace, e chissà a cosa pensava quando le gambe sfioravano il suolo quasi a prenderne i succhi vitali. Probabilmente…

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Ça va, Alain, ça va. Ma sarebbe meglio dire «Ça part», perché tu usasti proprio questo verbo, partir – partire – durante il discorso di commiato per il premio alla carriera. «Il difficile è andarsene, perché io voglio andarmene…», questa la traduzione italiana, grammaticalmente correttissima. Ma con te, che corretto non eri, si poteva pure fare un’eccezione e mantenere quel «partire» tanto più fisico quanto più misterico, anche spaventoso, giacché il distacco è violento, un attimo di puro terrore che nessuno può poi descrivere. E perché vivere è vivere, pur se non ti ci ritrovi più, benché si decada (ma…

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Dunque non ci sarà. E abbandona: Giorgio Minisini non ne può più, ha 28 anni. Ma all’appuntamento parigino teneva. Avrebbe segnato la storia, quella vera: primo uomo in una disciplina, il nuoto artistico, da sempre riservata alle donne. Scriviamo «riservata» e dovremmo dire «confinata», perché gli sport tradizionalmente maschili sono circondati da un’aura di sacertà, un Monte Olimpo vero e proprio; unici, inarrivabili, divini. Le donne invece sono sempre parziali, pur nella loro irripetibile grazia, e nessuno, ammettiamolo, le considera atlete a tutto tondo, muscoli impegno respiro. Gli sport «femminili» sono ginecei e l’approssimarsi d’un uomo, anzi d’un maschio -…

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Il racconto di Maria Maddalena Anch’io lo vidi. Lo vidi nella sua nudità, quando lo crocifissero. Ma non sentii. Non sentii, cioè, il disprezzo per i discepoli che l’avevano abbandonato come lepri. Non sentii nemmeno l’odio per chi l’aveva ridotto in quello stato miserevole. Sentii solo amore. Un amore ulcerato, forte come la morte; ma pur sempre amore. Non so sentire altro che amore. Conosco solo questo verbo. Gli altri mi dànno freddo. Vedere, udire, ascoltare, provare… Se li metti tutti insieme non raggiungono la forza, la definitività del sentire. E io sono una donna che sente. Sente i sensi.…

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