Il destino forse sovraintende ai sogni

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 di Clementina Coppini

Mai avevo visto una devozione pari alla tua, ed è per questo che non ti amavo, per la certezza del tuo amore.

”Rifugiarsi nell’abulia non è servito a niente, come pure fuggirne.
Ignorarti è stato uguale a cercarti, stessa inutilità.
Confessarti adesso la mia passione è un gesto bastardo, lo so. Era momento migliore il funerale di mia madre, quando mi hai sussurrato nell’orecchio in breve lo stesso concetto che ti sto illustrando per esteso?
Sì, era occasione più opportuna di questa, lo so. Mai avevo visto una devozione pari alla tua, ed è per questo che non ti amavo, per la certezza del tuo amore. Certezza non sempre. Sospetto, e solo dopo certezza. Al diavolo, ne ero certa anche prima della tua confessione al cimitero, ma avevo altro da fare, e l’ho fatto. Sono andata avanti, mentre chi è innamorato si ferma, e osserva.
Sono andata avanti, e avanzando dimenticavo. Non ricordo momenti in cui tu mi sia venuto in mente.
Parlo di allora, di quel lungo tempo durante il quale non ti ho amato.
Scrivo tante volte il verbo amare, adesso, e lo coniugo in vari modi. Imperfetto nel tuo caso, presente nel mio.
Mi amavi e ti amo.
Una frattura temporale che ha scisso le nostre vite a metà, in una corresponsione alterata.
Una passione obliqua, questa, che ha tagliato per traverso prima il tuo cuore poi il mio. La tua vita non deve cambiare. Non me lo perdonerei. Il mio sentimento invece è cambiato, e adesso ti amo perdutamente.
Eleonora”

Massimiliano lesse il biglietto che era già in aereo. Lo fece ridere la parola adesso, che sottolineava l’attualità di qualcosa che avrebbe dovuto essere relegato nel passato. Quel foglio lei glielo aveva dato di nascosto alla fine della cerimonia, durante i saluti sul sagrato della chiesa. Era stato curioso di conoscerne il contenuto fino al ristorante, ma, una volta sceso dalla macchina, se n’era del tutto dimenticato.
Lo aveva ritrovato da due ore, infilandosi per caso le mani in tasca, ma aveva preferito aspettare che Cristina si addormentasse. La guardò. Aveva voluto tenere tra i capelli i fiori che ornavano la sua acconciatura. Stavano appassendo, poverini. Era bellissima.
Massimiliano non riusciva a focalizzare com’era fatto l’abito da sposa, ma si ricordava in ogni dettaglio il tailleur rosa con la camicetta scollata che indossava Eleonora.
Lei invece non era bellissima. Impareggiabile Eleonora, e maledetta per aver scritto quelle parole così eccessive e inaspettate. Lei era così, del resto.
Per tutto il viaggio non riuscì a mangiare nulla né a dormire un solo secondo. Avrebbe solo desiderato riavvolgere il tempo di un paio di giorni, per non dover commettere l’errore di unirsi a una donna meravigliosa, che aveva l’unico difetto di non essere Eleonora.
Gli sarebbe piaciuto pure invertire la rotta, perché l’Australia non l’aveva mai attratto per niente, ma ci andava per far contenta Cristina.
Quando si accorse che la moglie si stava svegliando, chiuse gli occhi perché non aveva nessuna voglia di parlare. Ripassò per la centomillesima volta la settimana trascorsa ad Atene con Eleonora dieci anni prima, quando si era accorto di amarla e nello stesso tempo si era convinto che sarebbe riuscito a tenere sotto controllo quella passione. Lei era da pochi mesi la ragazza di suo fratello maggiore, che all’ultimo momento aveva dovuto rinunciare al viaggio. Aveva insistito perché lui e Eleonora partissero ugualmente. Di loro si fidava, e faceva bene.

Massimiliano era tornato distrutto come può distruggere un amore infelice a vent’anni, e poi si era organizzato. Aveva solo fatto quello sbaglio al funerale, anni prima, perché l’aveva vista così fragile e sapeva che Andrea la tradiva, ma ormai era tutto cambiato. Eleonora non aveva mai mostrato alcun interesse non fraterno per lui, almeno fino a quel biglietto. Era diventata la moglie di Andrea, la madre dei suoi figli e infine la ex. La separazione, però, non aveva resuscitato la speranza di Max. Morta era, e morta doveva restare, la speranza. C’era già Cristina, a quel punto. Cristina che aveva ogni virtù, beninteso, e lui aveva continuato a ripeterselo per sicurezza. Eleonora era un capitolo chiuso.
Chiuso, eppure era bastato un foglietto scritto al computer – in modo da essere ben chiaro e leggibile per fargli più male – e lui voleva buttare tutto via per tornare da lei.
Finse di dormire per ore, ma poi l’aereo fece scalo e Cristina lo svegliò e gli chiese se gli andava di scendere a sgranchirsi le gambe. Lui desiderava tornare a casa, ma non trovò le parole e riprese il volo verso la meta del viaggio.

Arrivato a Sidney, doveva dire a sua moglie che aveva intenzione di prendere il primo volo per Roma e di chiedere il divorzio.
Senza altro motivo che all’improvviso non gli interessavano più né l’Oceania né la consorte, per cui il viaggio di nozze aveva perso significato. Lo comunicò a Cristina con bei modi mentre aspettavano i bagagli, ma lei si raggelò lo stesso, malgrado i bei modi. Chissà perché. Sprofondò su una sedia e gli chiese come mai. Quando seppe di Eleonora, restò sinceramente esterefatta. Cosa c’entrava la ex cognata? Confessò che non se lo sarebbe mai aspettato, da una persona affidabile come lui. Non disse altro. Affidabile. Che virtù sarebbe mai l’affidabilità, nell’amore? La migliore di tutte. Cristina lo amava, non poteva raccontare a se stesso il contrario per consolarsi.

Erano arrivati con due valigie diverse, e separarsi non fu difficile. Ognuno prese la sua e si allontanò. Cristina verso l’albergo e Massimiliano al terminal, in attesa di un passaggio a casa.

Passò ore seduto ad aspettare. L’attesa non gli pesava. Aveva aspettato anni per niente, poi aveva deciso di proseguire con la sua vita e invece avrebbe dovuto aspettare. Tornava a casa perché ora non poteva aspettare. Oh, se le persone si dicessero le cose per tempo, se non si trascinassero le questioni irrisolte per decenni. Si potrebbero risparmiare anche dei bei soldi. Lo sapeva bene lui, maestro di questioni irrisolte, che andava e tornava dall’Australia per via di un foglio di carta. Il suo viaggio di nozze era stato a Istanbul, dieci anni prima. Non ne aveva mai davvero voluto un altro.

Inviò a Eleonora un sms di tre sole parole: ‘imperfetto un corno’. Evitò di farle sapere che stava tornando.
Eleonora si era pentita all’istante di aver consegnato la lettera scritta la notte prima del matrimonio. Era rimasta indecisa fino all’ultimo. Per tutta la cerimonia si era detta di no. Cristina era molto bella, e cara e innamorata. Ma poi era stata vicina a Massimiliano sotto quel bel sole che illuminava la piazza della chiesa e aveva cambiato idea. Si vergognava di ciò che aveva fatto, e sperava più che lui le facesse scontare con l’indifferenza tutte le passate delusioni più di quanto non desiderasse altri più incoraggianti scenari. Il messaggio sul cellulare la scosse nel profondo e in tre parole comprese che tutto poteva rinascere, per quanto poco opportuno fosse. Iniziò a pensare a cosa scrivere come risposta. Poche parole, che riassumessero il senso di un’attesa disperata, abbandonata e ripresa.

Eleonora si svegliò di colpo per via del sogn . Guardò fuori e vide i minareti nella notte turca. Era a Istanbul da quattro giorni, aveva vent’anni e nella stanza di fianco alla sua dormiva il fratello del suo ragazzo.
Andò di corsa a bussare alla porta di Massimiliano e gli disse quello che provava da addormentata e da sveglia, facendo risparmiare tempo a entrambi.

Il loro amore fu ciò che uno si aspetta dai desideri, finché durò. Massimiliano ed Eleonora si sposarono e divorziarono al secondo figlio. Andrea invece ebbe in sorte una famiglia senza traumi.
 Il destino forse infine sovraintende ai sogni, ma in un modo oscuro, che forse noi non dobbiamo conoscere.

Clementina Coppini oltre a lavorare con immensa gioia per mondointasca.org, scrive per alcune riviste cartacee (I Viaggi del Sole, Gente Viaggi, Class, Vie del Gusto e una rivista brianzola che si chiama Vivere) e pubblica i suoi raccontini sulla rivista letteraria online El-Ghibli e su www.dols.net. Ogni tanto traduce libri per bambini per il Battello a Vapore (la sua serie preferita è Capitan Mutanda). Sta per pubblicare (dicembre 2007) con Eumeswil Edizioni il suo primo romanzo, che si intitola “Il complesso di Giano” ed è già a metà del secondo, perché è giusto portarsi avanti. Ha prodotto decine di libri per bambini per Dami Editore; ha fatto per anni la cassiera al supermercato, è laureata in lettere classiche. Scrivere è un ”vizio” che coltiva fin dall’infanzia ed è la sua più grande passione. Poi vengono il cinema e la cucina. Davanti a tutto, però, ci sono la famiglia e gli amici.

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Dols

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